«La vera notizia non è che il Pil italiano diminuisce per l’ottavo trimestre consecutivo, ma che per la prima volta rimane stabile: stiamo quindi assistendo a un’inversione di tendenza. Il -0,2% rientra infatti tecnicamente nei margini di errore dei calcoli statistici». Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, non accetta i toni allarmistici con cui sono stati accolti gli ultimi dati Istat sul Prodotto interno lordo: le stime dicono infatti che nel secondo trimestre è sceso dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2% rispetto allo stesso periodo del 2012. Proprio lunedì, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, aveva detto che “i segnali di ripresa dell’economia italiana sono reali e sono necessarie politiche di continuità con le scelte fatte per favorire la crescita”.



Professor Forte, per quale motivo ritiene che i dati sul Pil vadano letti in una chiave positiva, sia pure con le cautele del caso?

Dobbiamo tenere conto del fatto che una riduzione del Pil dello 0,2% rientra nel margine degli errori statistici e significa quindi che il Prodotto interno lordo in Italia è rimasto stabile. A causa di questo trend stiamo assistendo a un’inversione di tendenza. Fatico quindi a comprendere un titolo come quello del sito de Il Sole 24 Ore, che scrive: “Pil Italia ancora giù, 8 trimestri in calo”. L’unica spiegazione possibile è che Confindustria intende suggerire che siccome le cose vanno male, è necessario che lo Stato aiuti gli industriali.



Non le sembra però che Saccomanni sia stato un po’ troppo ottimista, proprio alla vigilia della diffusione dei dati?

I dati dell’Istat hanno esattamente lo stesso significato delle parole del ministro dell’Economia, il quale ha giustamente parlato di un’inversione di tendenza. La decrescita in Italia rallenta e arriva a un livello di stabilizzazione. I dati dell’indice della produzione industriale risultano in ascesa nel mese di giugno, cioè nell’ultima parte del trimestre. Il dato del trimestre è dunque pari al -0,2%, ma ciò nasconde il fatto che c’è in realtà un’ascesa. Ha quindi ragione Saccomanni ad affermare che il ciclo si è invertito.



Quali sono le cause di questa inversione di tendenza?

Il motivo è che è finito l’effetto negativo di Monti. Negli ultimi mesi non si sono aumentate Iva e Imu e si sono erogati i fondi per ripagare i debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese. Tra le imposte che hanno aumentato il gettito c’è quella sul reddito delle società, e dunque gli utili delle imprese stanno crescendo.

 

Su base annuale però nel secondo trimestre del 2013 il Pil è calato del 2%…

Quel -2% va raffrontato con il -2,3% del primo trimestre 2013 e con il -2,8% del quarto trimestre 2012. Nel momento in cui un trend negativo diventa positivo, quando confrontiamo il congiunturale (cioè il dato rispetto al trimestre precedente, Ndr) abbiamo il segno positivo, quando confrontiamo il tendenziale (cioè il dato rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, Ndr) il Pil scende ma di meno. In altre parole, oggi stiamo risalendo rispetto a una discesa profonda, ed è per questo che siamo più in basso rispetto ai livelli di un anno fa.

 

Il Fmi ha invitato la Francia ad alleggerire il rigore dei conti nel 2014 per favorire la ripresa. Perché qualcosa di simile non è stato detto anche all’Italia?

C’è una ragione banale, ma fondamentale. Il rapporto debito/Pil della Francia è pari al 90,2%, quello dell’Italia è del 130,3%. La Francia può quindi permettersi un deficit di bilancio perché l’aumento del suo debito non è preoccupante. L’Italia non può fare altrettanto perché ha un debito che rischia di diventare ingovernabile.

 

Che cosa deve fare Letta per rispondere a questa situazione?

L’Italia non ha alternative, deve ridurre drasticamente i parametri che impediscono una crescita vigorosa a partire da quelli che riguardano il costo del lavoro, il lavoro di sabato e il lavoro notturno. È inoltre necessario vendere una parte dei beni pubblici, dello Stato e degli enti locali, e abbattere il debito con politiche di crescita e di produttività. In caso contrario, l’Italia è condannata a vivere in questa situazione in cui possiamo andare avanti solo a piccoli passi, perché ci portiamo sulle spalle il fardello di un debito enorme che la Francia invece non ha.

 

(Pietro Vernizzi)