Cimi nasce nel 1958 come produttore di imballaggi industriali in legno e come azienda specializzata nel confezionamento merci di medio-grandi dimensioni. Effettua servizi sia presso il cliente, o il costruttore da lui incaricato, sia nei propri stabilimenti. “Ogni imballaggio e ogni servizio di confezionamento – spiega Ciro Vestita, amministratore delegato dell’azienda – è pensato su misura per il cliente, sulla base delle sue esigenze. Ci rechiamo da lui per verificare le dimensioni, i pesi delle merci, per rilevare il relativo baricentro e altre caratteristiche necessarie per l’esecuzione dei lavori a regola d’arte. Poi, sulla base di queste informazioni e di tutta una serie di elementi, come le condizioni del luogo di stoccaggio, la durata dello stoccaggio e la tipologia di trasporto, procediamo alla progettazione dell’imballaggio ad hoc, all’individuazione del metodo migliore per preservare le merci dall’ossidazione e allo studio dei piani di carico per ottimizzare il volume della spedizione. Più materiale si riesce a inserire in un container o su un camion, maggiore è il risparmio per il nostro cliente sui costi di trasporto”.
Chi sono i vostri clienti più importanti?
La nostra clientela è estremamente eterogenea, così come le merci che imballiamo. Spazia dagli impianti petrolchimici alla componentistica, dal materiale ferroviario agli impianti di produzione di acciaio, inclusi laminatoi e presse, dalle macchine utensili alle linee per la produzione e il confezionamento di alimentari.
È un buon momento per la sua azienda o c’è crisi?
Il clima di recessione ha certamente influito sulla domanda. Anche la clientela più fidelizzata ha fatto registrare una contrazione, proprio a causa della riduzione del fabbisogno di imballaggi. La nostra società si rivolge a produttori di beni durevoli. E il cliente finale che acquista la merce da noi imballata, in genere programma e realizza investimenti di medio periodo, spesso per importi decisamente rilevanti. Ma nella situazione attuale si è assistito un po’ ovunque a una diminuzione del volume degli investimenti, complice la difficoltà di accesso al credito da parte degli investitori. In aggiunta occorre anche considerare che essendo la nostra attività rivolta agli investitori esteri, giacché la tipologia di imballaggi industriali è destinata alle esportazioni, soprattutto extra UE, anche il calo delle esportazioni sta influenzando il trend.
Può fare qualche esempio?
Le racconto un fatto curioso capitato qualche tempo fa.
Prego.
Nel 2008 Cimi ha compiuto 50 anni di attività e in quell’occasione, per ringraziare clientela, collaboratori, fornitori e tutti coloro che avevano contribuito a un “giro di boa” così importante, fu organizzato un evento celebrativo. Proprio il giorno dei festeggiamenti stavamo imballando una parte di laminatoio e una grossa pressa del peso netto di 130 tonnellate. Avevamo fabbricato una cassa interamente in legno, completamente portante e stavamo ultimando presso il nostro cliente, in Veneto, le operazioni di imballaggio. Nel momento in cui due gru stavano posizionando la cassa su un rimorchio auto-livellante, tutta una fila di martinetti idraulici è scoppiata, costringendo i gruisti a sollevare nuovamente la cassa. Cosa avete fatto?
Fortunatamente, dato che la cassa era ancora imbragata dalle gru, non si sono verificati danni né alle cose, né alle persone. Il problema era la cassa che è rimasta sospesa per diverse ore per consentire la riparazione del rimorchio. Il nostro responsabile di produzione ha dovuto lasciare di corsa i festeggiamenti ed effettuare un sopralluogo per verificare lo stato della cassa. Imballaggi di questo genere, per trasporti eccezionali, non sono concepiti per rimanere appesi per così tanto tempo; la struttura in legno rischia infatti di sfibrarsi o di snervarsi. Ciononostante, le verifiche hanno dato esito positivo, evidenziando in modo inequivocabile che l’imballaggio era stato progettato con cura e con margini di sicurezza superiori ai normali standard. Alla fine la cassa è stata caricata sul camion, è partita e la merce è giunta a destinazione del tutto integra. Pur dispiacendomi dell’assenza del nostro responsabile di produzione, al quale è andato pubblicamente il mio plauso per la professionalità e la disponibilità, è stato un bel modo di festeggiare i nostri 50 anni, attraverso la concreta dimostrazione che l’attenzione dedicata alla qualità dei materiali, alla cura del processo produttivo e del servizio hanno prodotto un risultato davvero eccellente.
All’estero, in che nazioni siete presenti?
Praticamente in tutti i paesi industrializzati, così come in India, Brasile e Sud Africa. Dalla fine degli anni 90 Cimi fa parte dell’unico network internazionale di settore – che si chiama INPRO – che seleziona i propri partner in base al loro grado di affidabilità e al tipo di struttura/organizzazione, proprio per garantire uno standard qualitativo costante, indipendentemente dal Paese in cui si opera. INPRO è l’unico network in grado di interfacciarsi con aziende multinazionali con necessità in tutto il mondo, garantendo loro un unico interlocutore per l’organizzazione delle attività ed eventualmente un unico fornitore.
Puntate molto sulla qualificazione degli addetti. Cosa fate?
Il nostro è un settore – tra virgolette – povero, antico ma povero. Non è possibile attuare una vera industrializzazione del prodotto a causa delle tantissime personalizzazioni. La produzione degli imballaggi richiede necessariamente un coinvolgimento notevole da parte dell’uomo. E anche i servizi di confezionamento sono gestiti manualmente e vedono la risorsa umana al centro del processo produttivo. L’unica garanzia della qualità del nostro servizio passa pertanto attraverso la qualificazione delle persone. Ciononostante, non ci sono scuole per formare le nuove leve. Quindi non possiamo che puntare sulla specializzazione dei nostri collaboratori, mantenendo il turnover vicino allo zero. E’ proprio la specializzazione degli addetti che rappresenta la “vera qualità” aziendale. Di qui la scelta di Cimi di avvalersi di personale proprio, regolarmente assunto e costantemente formato sul campo, attraverso piani di formazione predisposti annualmente per tutti gli operatori. Il servizio che forniamo non sarebbe di uguale livello se utilizzassimo risorse meno qualificate. A questo proposito Federlegno ha avviato quest’anno un’iniziativa molto interessante rivolta proprio ai tecnici del nostro settore.
Di cosa si tratta?
Di alcuni corsi di specializzazione dedicati proprio al mondo dell’imballaggio industriale. A Federlegno ho proposto di spingersi oltre e di proporre ad alcuni istituti tecnici e professionali di inserire questi corsi fra le materie di insegnamento. Per i giovani questa potrebbe rappresentare una chance in più, in un momento particolarmente drammatico per il mercato del lavoro. In più…
In più?
Sarebbe anche un’occasione per dare continuità alle aziende del nostro settore, che sono quasi tutte padronali. È evidente che se alla generazione dei padri che hanno dato vita a queste aziende non seguono nuove leve, con un adeguato bagaglio formativo, disposte a raccogliere il testimone, tutte queste realtà sono destinate a scomparire.
Da quando è nata, Cimi ha avuto un notevole sviluppo. Oggi dispone di tre stabilimenti in Lombardia e in Emilia. Che prospettive avete per il futuro?
Le nostre linee guida per i prossimi tre anni prevedono di incrementare la nostra presenza all’estero, di puntare sempre a migliorare la qualità e, da ultimo, portare avanti progetti di diversificazione. Ad esempio nell’ambito degli imballaggi in plastica, nella cui direzione abbiamo cominciato a muovere i primi passi dall’inizio di quest’anno.