Che tipo di ripresa è se i consumi invece di aumentare continuano a diminuire? Una ripresa, in Italia, trainata dal settore industriale-manifatturiero che sta godendo di un tiraggio sempre più forte della domanda globale. Significa, semplificando, che un quinto dell’economia italiana, poiché inserita nel ciclo del mercato internazionale, sta andando bene – si osserva anche l’avvio di nuove assunzioni – mentre il resto, più dipendente dal mercato interno è ancora fermo o recessivo.
Nel 2014, il contributo di questo quinto di economia internazionalizzata al Pil complessivo aumenterà e permetterà di bilanciare statisticamente la cattiva situazione degli altri quattro quinti. La risultante sarà una crescita del Pil stimata in una forchetta tra lo 0,2% e l’1,1%. Ora è difficile stimare verso quale estremo della forchetta si orienterà la tendenza, perché ci sono due forze contrarie: il boom dell’America che stimola tutto il globo potrebbe incrementare il contributo dell’export al Pil italiano, mentre l’ennesimo aumento del drenaggio fiscale ci tiene verso la recessione.
Nel migliore dei casi i quattro quinti dell’economia italiana resteranno comunque in una situazione difficile: chiusura di esercizi commerciali, di piccole aziende o imprese artigianali con raggio locale di mercato, licenziamenti nel settore dei servizi che è in via di ridimensionamento per la contrazione degli affari, ecc. Cosa bisognerebbe fare per invertire tale spirale depressiva del mercato interno?
Tre cose: (a) ridurre sostanzialmente le tasse su famiglie e imprese per stimolare i consumi, tagliando spesa pubblica equivalente; (b) facilitare la ricapitalizzazione delle banche affinché eroghino più credito e a costi minori; (c) operazione “patrimonio pubblico contro debito” per avviare la riduzione del secondo e così migliorarne il voto di affidabilità, cosa che ne ridurrebbe la spesa annuale per interessi.
Cosa farà questo governo? La terza azione sarà fatta in misura insufficiente. La seconda è più una competenza della Bce e delle nuove autorità di regolazione finanziaria dell’Eurozona su cui il governo italiano ha un’influenza irrilevante. La prima non verrà nemmeno tentata e continuerà la linea di pescare le risorse dai patrimoni privati (tasse sulla casa) e dall’aumento delle tariffe e non da tagli di spesa pubblica inutile.
Pertanto è probabile che i quattro quinti dell’economia resteranno stagnanti. Se così, la situazione potrà migliorare solo aumentando il contributo al mercato interno da parte dell’export via svalutazione forte del cambio dell’euro. Quindi la speranza dell’Italia risiede nella Bce e non in quello che Roma vorrà fare.