Con la Legge di stabilità 2015, le imprese italiane risparmieranno fino a 850 euro l’anno per dipendente grazie al taglio dell’Irap. La misura, annunciata dal presidente del consiglio Renzi, vale complessivamente 6,5 miliardi di euro e si tradurrà in un beneficio per le imprese tra i 550 e gli 850 euro per ciascun lavoratore a tempo pieno. È quanto risulta da un’indagine della Fondazione consulenti del lavoro. Come spiega Carlo Buratti, professore di Scienza delle finanze all’Università di Padova, il taglio dell’Irap è una misura positiva, ma presenta un problema che potrebbe sollevare parecchi malumori.
Che cosa ne pensa del taglio dell’Irap annunciato dal Premier?
Il taglio dell’Irap è un’ottima cosa che darebbe molto respiro alle imprese, e quindi un sostegno all’occupazione.
Il gettito dell’Irap va soprattutto alle Regioni. Ritiene che queste ultime aumenteranno altre tasse locali per bilanciare il mancato gettito?
Le Regioni avrebbero chiaramente diritto a una compensazione. È del resto strano che il Governo intervenga sui tributi di Regioni ed enti locali per finalità di interesse nazionale.
Il taglio dell’Irap non finisce per aiutare le imprese gravando però sulla fiscalità generale?
Certamente i soldi per il taglio dell’Irap vanno reperiti attentamente. Non è affatto necessario prenderli dalla fiscalità, in quanto potrebbero anche corrispondere a tagli di spesa.
Anziché tagliare l’Irap, non sarebbe meglio allargare la platea dei beneficiari del bonus da 80 euro?
Estendere la platea dei beneficiari del bonus da 80 euro a incapienti e pensionati sarebbe estremamente costoso. Il bonus era un’idea di Renzi e non è stato abbandonato del tutto per quest’unico motivo. Un’indagine demoscopica ha rivelato che i beneficiari degli 80 euro preferiscono metterli da parte o utilizzarli per spese che comunque avrebbero effettuato. L’impatto sui consumi interni non è dunque molto elevato, anche perché si tratta di una cifra modesta. Rischiamo di spendere molti soldi del bilancio pubblico per avere un impatto modesto sulla domanda aggregata. Allora forse è meglio il taglio dell’Irap, anche se così come è realizzato nella Legge di stabilità presenta comunque un problema.
Quale?
L’Irap è un’imposta che grava su tre indicatori di un’impresa: i salari, gli interessi passivi e i profitti. Stando a quanto ha annunciato Renzi, la Legge di stabilità si limiterà a tagliare l’Irap sui salari, mentre le altre due componenti rimangono invariate. Se un’impresa non ha utili non paga l’Irap, ma l’imposta va comunque versata sugli interessi passivi. L’Irap rischia quindi di diventare ancora più “indigesta”, perché finisce per gravare in modo prevalente sugli interessi passivi. Già le imprese sono in una situazione di difficoltà, si indebitano e poi devono pure pagare un’imposta sugli interessi passivi. Ritengo che sarebbe stato molto più sensato tagliare entrambe le componenti dell’Irap, salari e interessi passivi, e lasciare invariata solo quella sui profitti.
Che cosa ne pensa dei tagli di spesa nella Legge di stabilità?
Ritengo che non si stiano facendo le cose in modo serio. Tante commissioni, tante spending review, e poi si arriva a dei tagli semi-lineari. I tagli lineari in passato sono già stati fatti molte volte e presentano difetti molto consistenti. In questo modo si spingono gli enti pubblici a non pagare gli affitti e gli straordinari. Bisogna incidere sui veri sprechi e condurre analisi approfondite. Sembrava che queste analisi fossero state realizzate, e che tutto ciò di cui c’era bisogno fosse soltanto un assenso politico, invece torniamo ancora ai tagli lineari e semi-lineari. Francamente mi sembra ridicolo.
Infine, ritiene che andrebbe data maggiore autonomia fiscale agli enti locali?
Questo era l’obiettivo della legge 42 del 2009, ma questi margini sono stati erosi nel corso del tempo e adesso sono sempre più ridotti. In passato era stata data alle Regioni la possibilità di azzerare l’Irap, ma con i bilanci sempre più in rosso e con tagli così frequenti e consistenti alle loro risorse di fatto questa possibilità non esiste. È indispensabile una compensazione del buco di bilancio che si verrà a creare.
(Pietro Vernizzi)