Nove banche italiane non hanno superato gli stress test della Bce, due in particolare risultano bocciate: Mps e Carige. Un risultato particolarmente negativo, se si pensa che nel luglio 2011 tutti gli istituti di credito del nostro Paese erano riusciti a passare “l’esame” condotto dall’Eba. Inoltre, Montepaschi è risultata la banca peggiore tra tutte quelle esaminate. E ieri a Piazza Affari la giornata è stata davvero nera per tutte le banche, con Mps e Carige che hanno chiuso la seduta con un calo rispettivamente del 21,5% e del 17,19%. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze.



Per quale motivo tra il 2011 e oggi la situazione per le banche italiane è peggiorata?

Il debito pubblico italiano, a causa delle politiche economiche sbagliate attuate da Monti e Renzi, è salito rispetto all’epoca di Tremonti dal 118% del Pil al 130%. Mentre nel 2011 c’era un modesto rischio di default, adesso sarebbe particolarmente elevato se non fosse per l’attuale tasso d’interesse che è più basso del normale. L’Italia oggi ha un rischio bancario maggiore di prima, perché nel caso di una recessione il nostro Paese sarebbe colpito molto duramente, come la Grecia nel 2010. La crisi del debito pubblico italiano metterebbe in seria difficoltà un sistema bancario anche più solido di quello che abbiamo effettivamente.



In che senso parla di politiche sbagliate da parte dei governi italiani?

La tassazione degli immobili introdotta da Monti ha generato una perdita dei valori patrimoniali immobiliari, e il fallimento degli stress test da parte delle nostre banche ne è una conseguenza. Ne sono inoltre conseguiti gli insoluti del settore dell’edilizia che sono una quota molto rilevante dei crediti incagliati del sistema bancario. A incidere sugli stress test è stato anche il tasso di disoccupazione che è aumentato vertiginosamente.

Fino a che punto la colpa è dell’austerity europea?

La colpa non è dell’Ue, bensì delle politiche economiche cervellotiche di Monti e Renzi. Quanto meno Letta aveva portato il rapporto deficit/Pil al 2,1%. Se il giovane sciocco che abbiamo oggi a Palazzo Chigi non avesse inventato un’espansione che, con la correzione, ci porta al 2,5%, ma avesse attuato una riduzione del 3% tagliando le spese e rinunciando alle sue politiche demagogiche, noi avremmo una riduzione del debito pubblico e sicuramente le nostre banche non avrebbero gli attuali problemi.



Quali saranno le conseguenze degli stress test per il credito alle imprese e alle famiglie?

Le conseguenze saranno deflattive, ma la vera causa non sono gli stress test, bensì le tasse sugli immobili.

 

Che cosa c’entrano le tasse sugli immobili con il credito alle imprese?

C’entrano tantissimo, perché se le tasse sugli immobili fossero più basse ci sarebbe convenienza a investire nell’edilizia e i valori immobiliari salirebbero. Le tasse sugli immobili, infatti, si ammortizzano e ne riducono il valore economico e il reddito netto. Se le tasse sugli immobili fossero più basse, noi avremmo un mercato immobiliare in maggiore espansione, le imprese edilizie sarebbero meno in crisi e quindi le banche sarebbero alleggerite. Se il debitore di una banca ha una garanzia costituita da immobili, con le nuove tasse sulla casa questi ultimi valgono di meno.

 

Queste garanzie sono prese in considerazione dagli stress test?

Sì, questi valori patrimoniali di garanzia sono presi in considerazione dagli stessi stress test, condizionandone l’esito. Il governo Letta ha reintrodotto la Tasi, che altro non è che una tassa sulla prima casa, e ciò ha generato un effetto perverso spaventoso. Se Renzi avesse destinato 4 miliardi di euro al taglio della Tasi, anziché a misure populistiche come il bonus da 80 euro, noi avremmo maggiore credito alle imprese. Aumentare le imposte sul reddito patrimoniale fa sì che il valore del patrimonio scenda.

 

(Pietro Vernizzi)