Teniamo a mente, una volta per tutte, quel che fa il nostro quotidiano fare la spesa: con l’acquisto trasformiamo le merci in ricchezza, consumandole le facciamo riprodurre, così viene generato lavoro, si crea occupazione che fornisce reddito; viene data continuità al ciclo produttivo e sostanza alla crescita economica. Beh, se non è comandare le operazioni, questo nostro fare cos’è?



Se non è il Governo della responsabilità, cos’altro può essere: quel sottrarre la sovraccapacità produttiva che impalla le imprese; quel ripristinare la produttività del lavoro per chi lavora; quel togliere l’invenduto ai commercianti; quel rifocillare il fisco per garantire le cose pubbliche dell’istruzione, della sicurezza, della sanità, della previdenza, della giustizia. Questa è l’ordinaria responsabilità, che quotidianamente amministriamo come operatori della spesa. Cotanto servigio messo a reddito ci farà guadagnare.



Siamo pure altro però: gestori della domanda e qui possiamo addirittura far di più, dall’ordinario allo straordinario. Ci fu il tempo dell’equilibrio nel sistema produttivo. Allora la Terra generava materia, il lavoro la trasformava in materiale, l’impresa ne faceva merce, il commercio la vendeva, la famiglia la consumava, la Terra poi chiudeva il ciclo smaltendo il rifiuto. Poi venne il tempo dell’offerta in eccesso e della domanda pure, tanto per non farci parlar dietro. Il ciclo perse l’equilibrio, la Terra pure. Oggi c’è una Terra sgarupata che fatica a ri-generare risorse e a smaltire i residui dell’attività economica.



Ci sono pure tizi allarmati che si affollano al suo capezzale per portare conforto: alcuni, a quella triste crescita che sfianca, contrappongono la “decrescita felice” che mette a dieta tutti; altri, ambientalisti ortodossi, che temono per quella “Madre Terra” stressata e offesa, processano gli squilibri dello sviluppo economico. Ci sono pure quelli che all’io preferiscono il noi; al solista, il coro. Per loro la Terra è un “bene comune”, altro che un bene di pochi.

Tutta gente questa, garbata, gentile, mossa da nobili intenti. Pure un po’ aristocratico però quel fare da pedagoghi che non acchiappa interesse e finisce per farli abbaiare alla luna. Ecco, a proposito di interesse: sì, noi siamo interessati. Se si può guadagnare con il fare la spesa, abbiamo interesse che si possa continuare a farla. Se la Terra, malata, mette a rischio il futuro del nostro guadagno dobbiamo sventare questo rischio.

Già, se la Terra fa per noi, noi dobbiamo fare per essa. La gestione della domanda costituisce la possibilità. Il modo invece sta nel fare domanda di merci a basso impiego energetico ed eco-compatibili; pure quella di beni immateriali e di prodotti ignudi, svestiti dai packaging sfrontati. E quando tutti in coro facciamo quelle domande, beh, allora la domanda comanda e all’offerta toccherà ubbidire. Questo s’ha da fare per la nostra cara amica: rassodare la capacità riproduttiva e ripristinare quella di smaltire i residui.

Lunga vita alla Terra, insomma, e al nostro guadagno. E un evviva a tutti quei compagni di regata che, navigando di bolina, per ripulire la Terra sono in grado di andare contro i venti che la sporcano. A chi parrebbe di poter scorgere in questo fare tracce d’una possibile alleanza tra il tornaconto e la responsabilità, scorga; scorga pure.