Il bonus mobili? «È un esempio interessante di come la politica industriale possa puntare con successo sulla sussidiarietà. E per una volta non si tratta di un’operazione-annuncio da parte del ministro di turno, ma di un riconoscimento di fatto da parte del leader degli imprenditori di un settore importante. E non accade di frequente, soprattutto di recente». Antonio Quaglio, caporedattore de Il Sole 24 Ore, ne è convinto: «Il bonus mirato concepito dal governo Letta e ora confermato da quello Renzi contiene valori intangibili che superano e arricchiscono il pur importante valore contabile, finanziario».
Perché?
È una manovra che muove grandezze economiche importanti come quelle richiamate ieri da FederlegnoArredo: una spesa aggiuntiva di 1,9 miliardi, un gettito Iva addizionale di 360 milioni e soprattutto 10mila posti di lavoro salvati. Ma i suoi effetti socio-culturali non sono generici: dopo il crac del sistema finanziario e le ripetute ricadute recessive la vera riforma scarsa è la fiducia. Una risorsa che non può venire fornita in “deficit spending” da un governo e meno ancora in “quantitative easing” di liquidità da una banca centrale: può essere soltanto ricostruita dalla società economica, di cui le stesse authority pubbliche devono imparare a fidarsi e non a caso Roberto Snaidero ha ringraziato due esecutivi per averci “creduto”. Ma altre dimensioni di cultura industriale sono riconoscibili con precisione.
Cosa riguardano?
La competitività industriale di un settore o di un’intera economia si può distruggere facilmente e non si può ricostruire altrettanto in fretta, spesso non si riesce neppure a ricostruire: nel mentre un settore come il legno-arredo italiano soffre e altri paesi possono rincorrere, spiazzare. Se un Paese ha una comunità di imprese front-runner sui mercati globali deve fare il possibile per mantenerlo sano e vitale. Il cielo prima o poi tornerà un po’ più sereno anche sull’Azienda-Italia, ma è importante che quest’ultima o almeno i suoi muscoli più potenti ci arrivino nella forma migliore. Possibilmente mantenendo i rating di eccellenza italiana nel mondo.
Ma cosa intende esattamente per “politica industriale sussidiaria”?
Quella di un governo che non si limita alla semplice funzione fiscale, novecentesca: a “dar quattrini” via via a imprese o alle famiglie consumatrici. Un governo che – come del resto non si concentra al sussidio o al taglio fiscale più o meno orizzontale – sollecita invece le famiglie e le imprese a ritrovare fiducia reciproca sul mercato: a scuotersi dalla sfiducia e a rilanciare assieme il Pil. Le prime vengono stimolate ad acquistare beni durevoli – i mobili sono veramente primari per la famiglia e la sua qualità della vita – anche in una fase economica difficilissima, nella quale la recessione e l’incertezza spingono in direzione opposta: a spendere con più attenzione il reddito e a non toccare i risparmi. Le imprese, dal canto loro, appartengono a un settore portante dell’Azienda-Italia. Il legno-arredo è Made in Italy allo stato puro: produce in Italia, dà lavoro in Italia e dall’Italia esporta molto, prodotti a buon valore aggiunto. Domanda italiana su prodotti italiani di qualità italiana con occupazione italiana e gettito fiscale italiano: il bonus mobili fa quadrare quest’equazione complessa, con un impiego controllato di risorse fiscali, utilizzate più some catalizzatore, come scintilla.
Il legno-arredo è destinato a superare la moda e l’abbigliamento sulla frontiera del Made in Italy?
Da anni i settori marciano fianco a fianco, ciascuno con il suo profilo: sul mercato e nella società. Non è sorprendente che il fashion sia necessariamente più aggressivo nel linguaggio comunicativo. Così come non stupisce che l’institutional clip di FederlegnoArredo – un veicolo molto sintetico ma di orizzonte globale – punti su tre parole: friendship, beauty, work. Un mobile porta sempre con sé una relazione forte, stabile, prolungata fra persone; soddisfa un bisogno di bellezza; contiene molto e buon lavoro.