Innovazione di prodotto e di processo, e-commerce, internet delle cose, esempi di Fab Lab… Le imprese del legno-arredo hanno voluto fare il punto sull’innovazione che riguarda il loro settore e per una giornata si sono radunate lo scorso weekend alla fiera di Udine per discuterne, ma anche per vedere, toccare e, soprattutto, imparare e applicare. Internet innanzitutto: i prodotti italiani del settore hanno un indiscusso valore, ma vanno fatti conoscere. Se pensiamo che nel mondo sviluppato l’80% degli individui utilizza la rete, e che negli Usa circa il 10% del tempo speso online è dedicato all’online shopping, si capisce come questo terreno sia molto fertile. Poi anche Internet delle cose, la comunicazione tra macchine per via telematica: non solo la domotica del futuro, ma anche soluzioni avveniristiche per il comfort e la sicurezza.



All’evento, organizzato da FederlegnoArredo, inoltre sono stati allestiti dei Laboratori Fabbrica dove i partecipanti hanno assistito a delle dimostrazioni di utilizzo di nuove soluzioni da applicare in azienda: dalla stampa 3D per architettura, costruzioni, finiture di edifici, e per il design, ai materiali a memoria di forma. Dieci esempi di innovazioni sono state selezionate e premiate dagli organizzatori del Forum: riguardano attività che vanno dal riutilizzo di prodotti di scarto a lavorazioni di oggetti che combinano materiali diversi; da una poltrona premiata per confort ed ergonomia, a un pannello per l’alimentazione e la ricarica di dispositivi elettrici. Nel comitato di selezione delle dieci innovazioni c’era Franco Caimi, Ad della Caimi brevetti Spa, una delle principali realtà produttive europee design-oriented nel settore dell’arredamento e dei complementi d’arredo per l’ufficio e il contract. Vanta una vasta esperienza tecnica e tecnologica maturata in oltre sessantacinque anni di storia, con centinaia di prodotti brevettati, come i pannelli per l’assorbimento selettivo delle varie frequenze del suono copiati da tutte le altre aziende del settore. «Innovazione è innanzitutto curiosità e gusto», ha detto Franco Caimi a ilsussidiario.net.



Lei ha fatto parte della giuria che ha selezionato le 10 innovazioni presentate al Forum dell’innovazione del legno arredo. Che esperienza è stata per lei? Cosa l’ha colpita in particolare nelle proposte presentate?

Mi ha colpito la varietà delle proposte, il fatto che l’innovazione spazi in vari ambiti, dall’attrezzatura per la macchina utensile, all’innovazione sul prodotto finito. Questo è importante perché non ci sono solo prodotti innovativi, ma innovazioni che permettono di produrre meglio, in modo più funzionale. In questo ambito mi hanno colpito in particolare i progetti dedicati all’aspetto ecologico: anche depurare può diventare un processo innovativo, cioè in questo caso più semplice. Devo dire che ogni singolo progetto mi ha insegnato qualcosa. È stupefacente poi come cose apparentemente elementari o ininfluenti si rivelino quelle vincenti. Spesso idee innovative nascono da cose piccole o semplici, come la lampadina: un filamento che si arroventa… Sono cose elementari che portano a grandissimi cambiamenti.



Cos’è per lei quindi l’innovazione?

Innovazione è fondamentalmente curiosità, voglia di cercare qualcosa di nuovo. L’innovazione non è fatta da un singolo, ma da un insieme di persone che lavorano insieme e così possono cercare e trovare soluzioni nuove. Innovazione è anche offrire un servizio alle persone, in modo che ad esempio possano fruire dei prodotti in maniera più semplice o economica. In una parola è portare più benessere alla portata di tutti. Riguarda quindi anche la funzione sociale che ha un’impresa.

 

Qual è la regola del vero innovatore?

Chiedersi ogni giorno prima di andare a letto se ha imparato qualcosa di nuovo… Perché ogni giorno c’è qualcosa da imparare! Occorre tanta disponibilità a conoscere e ad aprirsi molto alle esigenze, non solo dei mercati più vicini, ma anche a quelle del mondo più vasto. Il mondo è tutto da scoprire. Ed è davvero bellissimo creare qualcosa di innovativo che possa anche servire alla collettività.

 

Come ve la siete cavata con la crisi?

Proprio con lo spirito appena descritto, ed è stato vincente. D’altra parte innovare è fondamentalmente il nostro lavoro. Ma è anche l’unico mezzo che in Italia abbiamo per uscirne, oltre che la capacità che ci invidia tutto il mondo.

 

Che suggerimenti darebbe a un sistema per incentivare questa capacità innovativa?

Il suggerimento è a costo zero: rendere la vita più facile alle persone e alle aziende. Questo sarebbe un grandissimo aiuto perché permetterebbe alle persone e alle aziende di sfruttare tutto il potenziale che oggi spesso viene limitato da un sistema burocratico farraginoso e bizantino, da una struttura che è fatta più per bloccare che per far crescere. Le capacità ci sono, vanno solo liberate. C’è un potenziale enorme represso da un sistema complicato.

 

Fate molta formazione?

Sì e soprattutto tanto coinvolgimento delle persone, che vuol dire interscambio continuo, forse ancora più importante delle ore di formazione classica. Permettere a tutti di conoscere il lavoro degli altri e di imparare uno dall’altro.

 

Ci sono altri ingredienti della vostra capacità di innovare?

Ripeto, la curiosità che vuol dire anche ricerca continua di materiali e processi di lavorazione nuovi. Alla fine quello che conta è l’entusiasmo e la curiosità. È ciò che aiuta l’azienda ad andare avanti.

 

Quindi l’innovazione intesa in questo modo è quello che si sentirebbe di consigliare a tutte le imprese anche di comparti diversi?

Certamente, c’è sempre la possibilità di innovare. Non credo ci siano settori in cui non ci siano margini di miglioramento. Pensi al design ma anche ai servizi alla persona, come la sanità, la scuola, la formazione. C’è un mondo che può essere migliorato, sia per fare stare meglio le persone, sia per formarle. Pensi anche ai mezzi di trasporto, alla movimentazione di cose e persone, all’organizzazione degli spostamenti. Ci sono tanti settori che hanno grandissimi margini di miglioramento. Poi capita che le nostre innovazioni vengano vendute all’estero perché in Italia nessuno le considera.

 

Perché?

Il problema è che noi siamo fermi agli anni Settanta, il mondo punta al 2020.

 

(Silvia Becciu)