«Il governo francese attraverso il deficit riesce a far crescere il Pil, quello italiano al contrario si limita a fare lievitare il debito». Lo sottolinea Francesco Forte, ex ministro delle Finanze, a proposito dei dati macroeconomici pubblicati ieri. L’Istat ha reso noto che il Pil del nostro Paese nel terzo trimestre del 2014 è diminuito dello 0,1%, mentre secondo l’istituto di statistica parigino Insee il Pil francese è cresciuto dello 0,3%. Il paradosso però è che i bilanci pubblici italiani sono molto più virtuosi. La Legge di stabilità dell’Italia ha previsto un rapporto deficit/Pil che nel 2015 si attesterà al 2,7%, mentre Hollande ha annunciato che sforerà il limite del 3% attestandosi al 4,3%. Eppure gli organi Ue, a partire dal Commissario Katainen, continuano a bacchettare l’Italia ma non dicono nulla sulla Francia.
L’Ue usa due pesi e due misure?
Non è una questione di due pesi e due misure. Il vero problema dell’Italia non è il deficit bensì il debito. Se il deficit produce poca crescita, e quindi genera debito, anziché migliorare la situazione la peggiora. Se invece il deficit è virtuoso, nel senso che genera crescita, il rapporto debito/Pil diminuisce. In passato in Francia i deficit hanno prodotto crescita, mentre in Italia no.
Con quali conseguenze?
In Francia il rapporto debito/Pil è al 92,2%, in Italia del 132,6%, e questo nonostante il fatto che Parigi abbia avuto dei deficit più elevati di Roma. Il rapporto debito/Pil dell’Italia è il più alto del mondo dopo quello di Grecia e Giappone, ben al di sopra del 101,53% degli Usa il cui debito peraltro è acquistato dalla Fed. Quest’ultima stampa dollari che sono comprati da tutto il mondo, e quindi per quanto riguarda il debito gli Stati Uniti rappresentano l’eccezione.
Ma ha senso che Bruxelles continui a bacchettare l’Italia?
Sì, perché nonostante l’alto debito, il governo italiano non ha attuato nessuna politica per ridurlo. La Commissione Ue ha di recente criticato il nostro Paese per il fatto che non attua privatizzazioni. Queste ultime servirebbero anche a ridurre il debito, oltre che il deficit.
Perché in Francia il deficit genera crescita e in Italia no?
Perché la Francia ha attuato a suo tempo una serie di investimenti e ha una struttura industriale e agricola che non è stata colpita dalla crisi come quella italiana. Parigi ha grandi imprese efficienti, una finanza bancaria molto rilevante sul piano internazionale, bassi costi dell’energia perché dispone del nucleare, ha l’alta velocità ferroviaria in tutto il Paese, un sistema di viabilità migliore del nostro, ha speso bene i soldi nell’ammodernamento tecnologico. La Francia insomma ha fatto una spesa efficiente dal punto di vista degli investimenti, li ha favoriti con la tassazione, ha introdotto una politica fiscale a favore della famiglia che riesce ad attenuare gli effetti della crisi sui bassi redditi. Insomma, è messa meglio dell’Italia dal punto di vista sia economico che sociale.
Se l’Italia tagliasse il debito in una fase di recessione, l’economia non finirebbe per peggiorare?
Ridurre i debiti tramite le privatizzazioni non è dannoso, anzi produce effetti benefici sull’economia perché si abbassa il peso degli interessi sull’economia nazionale e la previsione futura che ci sia un’instabilità. Tutto questo genera migliori parametri nelle banche e quindi espande il credito.
Dobbiamo vendere i gioielli di famiglia come l’Eni?
Non si tratta necessariamente di privatizzare nel senso di vendere ai privati, ma di creare dei grandi fondi di investimento in cui si parcheggiano beni demaniali vari. Ciò può avvenire sia per cessioni di municipalizzate, o altre operazioni di questo genere, sia per alienazioni di immobili attraverso una riduzione della tassazione di registro. Basterebbe riprendere in mano l’elenco di Cottarelli, o gli interventi annunciati dal governo e che poi non sono stati realizzati. Non è detto che si debba privatizzare l’Eni, ma la Cassa depositi e prestiti possiede una serie di altri asset. È inoltre possibile privatizzare le Ferrovie dello Stato.
(Pietro Vernizzi)