Secondo quanto comunicato dall’Istat, l’indice del clima di fiducia delle imprese (un indice composito dato da giudizi sugli ordini, attese di produzione, giudizi sulle scorte di magazzino) è leggermente salito nel mese di ottobre rispetto a settembre (da 86,9 a 89,3 punti). Il Paese è col fiato sospeso in attesa di questi segnali e soprattutto della ripresa. Eppure c’è qualcuno che non ha mai sentito la crisi e può permettersi di dare consigli su come uscirne. È la Dorelan, azienda familiare di seconda generazione, fondata a Forlì nel 1968, leader nel sistema del dormire (produce materassi, reti, letti, guanciali). Non solo non ha mai fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, ma è cresciuta senza sosta dal 2000 a oggi, triplicando i ricavi (chiuderanno il 2014 a 36,5 milioni di euro di fatturato, il 10% in più rispetto al 2013) e raddoppiando gli addetti (che oggi sono 150). La gestiscono quattro soci, figli dei due fondatori, uniti da «rispetto, fiducia, unità e buon senso: l’humus dell’azienda che ha reso vincenti i nostri genitori e continua a permettere a noi di andare avanti». Il buon senso? Dice uno dei soci Cristian Bergamaschi: «Mi rendo conto che sembra qualcosa di etereo, di poco traducibile, ma è fatto di tante cose come pragmaticità, acume, flessibilità, velocità decisionale…».
L’Istat ci ha detto che l’indice del clima di fiducia delle imprese italiane nel mese di ottobre è leggermente salito… C’è un Paese col fiato sospeso in attesa di questi segnali e della ripresa. Ma voi sembrate essere passati indenni dalla crisi…
In effetti, tutte le nostre linee di business stanno crescendo, sia in Italia che all’estero…
Anche sul mercato italiano?
Sul mercato italiano la nostra azienda sta andando meglio dell’anno scorso.
Qual è la chiave del vostro successo? In passato avete investito molto in ricerca e innovazione, un esempio per tutti: il materasso Myform… Cosa c’è d’altro?
Abbiamo iniziato a fare scelte strategiche almeno una quindicina d’anni fa, oltre al forte investimento in ricerca e sviluppo, avevamo avviato partnership strategiche con fornitori di materie prime; fatto investimenti in macchinari ad alto contenuto tecnologico e poi forti investimenti in marketing e comunicazione: dalla pubblicità televisiva, alla carta stampata, al marketing locale. Abbiamo fortemente puntato sul marchio Dorelan, anche creando una catena di punti vendita in franchising. Non sono mancati nemmeno investimenti sui servizi che oggi ci permettono di consegnare i nostri prodotti in massimo cinque giorni lavorativi in Italia e dieci in Europa.
Avete retto anche la recente crisi economica con la stessa ricetta o avete dovuto cambiare qualcosa?
Anche rispetto alla recente crisi ci hanno avvantaggiato scelte fatte in tempi non sospetti, in questo caso in particolare relative alla diversificazione dei canali: al settore dei mobilieri tradizionali, abbiamo affiancato i negozi specializzati e il network in franchising (oggi contiamo circa 70 insegne Dorelan bed su tutto il territorio nazionale).
E poi l’estero?
Sì. Prima in Italia, cinque anni fa, abbiamo attivato il canale alberghiero e contract; da due anni e mezzo in Francia e da quest’anno in Austria e Germania. Già nel corso del 2006, comunque avevamo attivato il canale dei dettaglianti in tutta Europa.
A proposito di mercati esteri, siete da poco tornati dai Saloni WorldWide di Mosca animati dalle aziende italiane dell’arredamento. Non è un momento facile: benché il Made in Italy negli ultimi quattro anni in Russia sia cresciuto del 66%, il calo dell’export verso Mosca quest’anno è del 10,2% sul 2013 e del 17,8% per l’arredamento… Come ha trovato la situazione in Russia?
La nostra azienda ha portato a casa ancora più contatti dell’anno scorso e occasioni di business e partnership molto importanti… Il problema non è nel mercato che, per ciò che riguarda il nostro settore dei sistemi per dormire, è molto vitale.
Qual è il problema allora?
I problemi sono di altro tipo: riguardano l’oscillazione del cambio e la situazione delle banche che non è del tutto rosea e mette in difficoltà i potenziali partner russi nel disporre di liquidità verso l’estero. Però il mercato russo rappresenta per noi al momento uno dei più importanti in Europa, e continueremo a puntarci molto.
Non avete paura che la situazione possa degenerare?
Il rischio più che sul fronte embargo, che sembra ormai tramontato, è più sul fronte valutario e del restringimento del credito. Con i nostri partner russi stiamo cercando di pensare a strumenti di copertura dei rischi, in modo che gli scambi possano continuare a essere fluidi…
Chi sono i vostri concorrenti?
In Europa la concorrenza è principalmente legata agli operatori nazionali di ciascun Paese: in Francia i francesi, in Spagna gli spagnoli… In Asia invece i principali concorrenti sono aziende americane che per prime hanno penetrato quei mercati.
Quali sono gli strumenti utilizzati per battere i concorrenti all’estero?
È una strategia basata sulla differenziazione del prodotto. Gli americani, ad esempio, sono molto focalizzati sui prodotti a molle; noi proponiamo prodotti alternativi, come il Myform, che è un prodotto in poliuretano esclusivo ideato in partnership con i nostri fornitori e quindi unico dal punto di vista dei materiali e del branding. Ma non ci siamo fermati qui.
E cosa avete fatto?
Ci siamo attrezzati per competere sul loro campo, avendo approntato una tecnologia unica, a “molla indipendente” che ci ha permesso di essere competitivi anche su questo genere di prodotti. Ma abbiamo un alleato decisivo in questo.
Quale?
L’apprezzamento per il Made in Italy che, soprattutto nei mercati asiatici, è davvero alto e permette di sopperire anche ai gap logistici, dati dal fatto che le multinazionali americane hanno sedi produttive in loco, mentre noi mandiamo i nostri prodotti dall’Italia. Ma per l’etichetta “Made in Italy”, i consumatori sono disposti a pagare un sovrapprezzo…
Se dovesse dare un consiglio a un imprenditore in crisi cosa gli direbbe?
Essenzialmente di innovare. Dipende dal tipo di prodotto, ma bisogna spingere oltre: investendo in ricerca a sviluppo, se la componente tecnologica è forte; o investendo più in design, se questo è l’elemento determinante.
Oltre a questo?
Di investire in marketing e comunicazione, e sicuramente in internazionalizzazione. Il mercato italiano non cresce, per cui è necessario trovare quote di mercato altrove. È un passaggio necessario.
E lo spazio per crescere all’estero c’è tutto…
Il nostro design, il nostro gusto, il nostro stile è molto invidiato all’estero, soprattutto al di fuori dei confini europei e lì ci sono mercati molto fertili con una grande domanda di prodotti italiani… L’imprenditoria italiana è apprezzata per i valori che rappresenta, che sono quelli del nostro Paese, del nostro stile di vita.
Dove sta la difficoltà allora? Non sembriamo molto consapevoli dei valori che portiamo…
Sì, ma la difficoltà è data anche dalle dimensioni delle nostre aziende e dal fatto che non siamo bravissimi a fare rete. Se ci presentassimo compatti all’estero, in maniera coordinata e condivisa, sicuramente avremmo tutti più successo.
(Silvia Becciu)