La grande distribuzione non vive un momento facile. Ce lo conferma Giancarlo Russo, amministratore unico di Adamante S.r.L, master franchising di Brico Center con un fatturato di oltre il 40% del valore totale nazionale. Russo è inoltre consigliere delegato di Sercom S.p.A., azienda che si occupa della progettazione e della promozione di interventi di sviluppo immobiliare, attualmente proprietaria di tre importanti complessi commerciali: Centro Commerciale “Le Vigne” – Castrofilippo (AG), Centro Commerciale “La Fortezza” – Modica (RG), Centro Commerciale “Il Casale” – San Cataldo (CL).
Dottor Russo, è in corso una profonda mutazione della grande distribuzione?
Il 2013 è stato un anno nero per la vendita al dettaglio, i dati Istat evidenziano un -2,2%. Un dato particolarmente preoccupante che trova conferma anche nell’anno in corso e purtroppo le prospettive per l’immediato futuro non sono certo delle migliori. Si tratta di una situazione particolarmente allarmante se si considera l’importanza del settore del commercio al dettaglio in termini di apporto al Pil. Le ragioni di questo calo sono ovviamente riconducibili per larga parta alla profonda crisi economica iniziata nel finire del 2008 ma che negli ultimi due anni ha fatto sentire pesantemente i suoi effetti. I dai sui fallimenti delle imprese (oltre 10.000 su base annua) testimoniano una situazione di difficoltà senza precedenti. In un contesto di profonda crisi il commercio alimentare ha fatto registrare un calo dell’1,3%, mentre il settore non alimentare è sceso del 2,8% con percentuali variegate nei vari settori. Addirittura anche il comparto farmaceutico ha registrato una flessione del 2,5% Come dire, gli italiani risparmiano anche sulle medicine.
Come sta andando il settore della grande distribuzione?
Se circoscriviamo l’analisi al settore alimentare ci accorgiamo che a soffrire è in primis la grande distribuzione. Negli ultimi due anni si è assistito a un forte ridimensionamento dei format presenti all’interno dei centri commerciali. Le difficoltà di accesso al credito – indispensabile per sostenere l’insediamento di strutture di una certa dimensione -, l’incidenza crescente dei costi fissi su fatturati in forte calo, la cronica rigidità del mercato del lavoro hanno determinato un forte ridimensionamento dei progetti di sviluppo. Del resto è noto che alcune catene straniere (si pensi a Carrefour) hanno deciso già da qualche anno di lasciare il mercato italiano. La selettività degli investimenti diventa ormai un fattore prioritario nelle strategie dei grandi player.
Diciamo la verità, i centri commerciali sono in crisi? Si torna al supermercato di quartiere o superette?
Si potrebbe. Anche perché a parte il fenomeno dei discount alimentari, che segnano un incremento delle vendite del +2,4%, le superette di quartiere registrano una sostanziale difesa delle posizioni. La flessibilità in termini di struttura dei costi, un iter autorizzativo sicuramente più agevole, nonché un rapporto diretto con i consumatori costituiscono fattori di competitività non trascurabili. In situazioni di crisi come quelle che stiamo vivendo c’è anche una certa resistenza da parte dei consumatori a spostarsi e ciò per via anche dei costi che questo comporta: tutti elementi che determinano una certa predisposizione verso appunto i supermercati di quartiere.
Non è che per caso sta avvenendo una mutazione antropologica del consumatore, ci si sta rendendo conto che siamo un Paese povero che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità?
Vi è di più: la psicologia del consumatore è da sempre un elemento di particolare criticità. In situazioni di grave difficoltà come quelle che stiamo vivendo effettuare l’acquisto di prodotti in ambienti in qualche misura familiari contribuisce a vivere la situazione di disagio economico con minore sofferenza. Il supermercato di quartiere diviene quasi un punto d’incontro in cui condividere le proprie difficoltà cercando di farsi reciprocamente coraggio.
Si torna nelle piazze e nei bar come luoghi di socializzazione?
Sicuramente le piazze e i bar rappresentano un luogo di ritrovo in cui la dimensione “umana” viene maggiormente considerata. Inoltre i modelli di consumo sono qualcosa di mutevole e che inevitabilmente si adattano al modificare degli scenari economici. Non esistono strutture validi per tutte le stagioni. Un imprenditore attento deve essere capace di cogliere con prontezza questi segnali per cercare di difendere posizioni di competitività che con fatica ha conquistato negli anni.
(Sabatino Savaglio)