Nel 2014 il Pil italiano diminuirà dello 0,3%, per poi tornare a crescere dello 0,5% nel 2015 e dell’1% nel 2016. E’ quanto emerge dagli ultimi dati Istat, secondo cui la domanda interna calerà dello 0,3% nel 2014, per poi aumentare nel 2015 e registrare un ulteriore rafforzamento nel 2016. Mentre gli investimenti si ridurranno del 2,3% nel 2014, per poi crescere dell’1,3% nel 2015 e dell’1,9% nel 2016. Per il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, “sono dati che confermano sostanzialmente lo scenario già fornito dal governo nella nota al Def”.
Come valuta complessivamente gli ultimi dati pubblicati dall’Istat?
Non trovo particolari differenze tra i dati Istat e la nota di aggiornamento al Def. Entrambi prevedono un calo del Pil dello 0,3% nel 2014. Il documento Istat afferma che “nel 2015 la domanda interna è attesa supportare l’aumento del Pil”, pari allo 0,5%, mentre la nota al Def afferma che salirà dello 0,6%, con una differenza pari a soltanto lo 0,1%. Il contributo della domanda estera netta nello stesso tempo risulterà contenuto (+0,1%). Nel 2016 tanto governo quanto Istat si attendono un +1%. Le previsioni sono quindi assolutamente allineate.
Insomma Istat e governo si ritrovano sulla stessa linea?
I due scenari macroeconomici dell’Istat e della nota di aggiornamento del Def sono praticamente identici, tranne che la crescita del Pil prevista per il 2015 è rispettivamente dello 0,5% e dello 0,6%. Questa differenza si spiega con il fatto che i modelli utilizzati sono diversi. Se vogliamo dare una lettura del rapporto Istat, sostanzialmente prevede che ci sia una ripresa dei consumi privati nel 2015 e che si confermerà lo 0,6% nel 2015 e lo 0,8% nel 2016.
Quali valutazioni emergono sulla legge di stabilità da parte dei tecnici dell’Istat?
Il commento dell’Istat, a proposito della legge di stabilità, è che “i provvedimenti adottati avranno un impatto netto marginalmente positivo nel 2014 e un effetto cumulativo nullo nel biennio successivo per il bilanciamento tra la spinta del bonus degli 80 euro e gli effetti negativi derivati dalla clausola di salvaguardia con l’eventuale aumento dell’Iva”.
Nel 2014 i consumi restano al palo nonostante la manovra…
Uno può mettere in campo tutti gli effetti che si controbilanciano tra le varie misure, ma questa è la tendenza che prevede lo stesso Istat, secondo cui i consumi cresceranno dello 0,6% nel 2015 e dello 0,8% nel 2016, mentre per il governo cresceranno rispettivamente dello 0,6% e dello 0,7%. Gli investimenti stessi, dopo la contrazione di quest’anno, riprenderanno nel 2015 con il +1,3% e nel 2016 con il +1,9%. Nelle previsioni di aggiornamento del Def, la linea di tendenza è sostanzialmente la stessa, pur con una previsione del governo che è leggermente maggiore, pari cioè all’1,5% nel 2015 e al 2,1% nel 2016.
Tirate le somme che cosa emerge?
Il governo è un po’ più ottimista per quanto riguarda i consumi, l’Istat per quanto riguarda gli investimenti, ma se si sommano le due componenti il risultato è una previsione sul Pil sostanzialmente uguale. Sono due scenari straordinariamente sovrapposti, mentre di solito nelle previsioni econometriche gli scarti tra un istituto e l’altro sono molto più ampi di quanto si sia visto oggi.
Ma se i consumi non ripartono, a che cosa è servito allora il bonus da 80 euro?
Anche il governo prevede che vi siano degli effetti di compensazione tra le misure. Sostanzialmente la manovra mette in atto una redistribuzione, non tanto un’accelerazione. Quindi se a un certo momento si è deciso di destinare 80 euro alle fasce meno abbienti, l’obiettivo non è quello di fare ripartire esponenzialmente i consumi, bensì di riportare una certa fiducia e compensare le categorie meno agiate. Lo stesso governo arriva alle stesse conclusioni nel momento in cui fa le previsioni sulla dinamica dei consumi, che sono calcolati sostanzialmente in modo analogo sia da parte dell’Istat sia da parte del governo. Gli effetti compensativi della manovra li ha già calcolati anche il consiglio dei ministri.
(Pietro Vernizzi)