“Grazie alla presidenza italiana abbiamo raggiunto un accordo sul bilancio europeo 2014-15 che permette di pagare le bollette arretrate, salvaguardare i bilanci dei paesi membri e trovare risorse per il rilancio della crescita”. Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, prima dell’Ecofin ha annunciato che sarà ora possibile il pagamento delle fatture sospese per i servizi già erogati. Dopo il vertice, Padoan ha anche dichiarato che pensare che sforare il 3% di deficit/Pil “possa portare più crescita è profondamente sbagliato”. Abbiamo chiesto un commento a Guido Gentili, ex direttore ed editorialista de Il Sole 24 Ore.



Come valuta l’accordo raggiunto?

Qualche giorno fa il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, riferendosi agli arretrati, aveva affermato che erano stati pagati solo 30 miliardi. Se si riesce a sbloccarne un’altra quota sarà certamente ossigeno per le imprese, da inquadrare in una strategia a favore della crescita. La strada più sicura per non accumulare debito è quella di rispettare le direttive europee che prevedono il pagamento entro 60 giorni, rispetto a cui l’Italia stenta ad adeguarsi. Anche se i problemi per quanto riguarda il rapporto tra Roma e Bruxelles in questo momento vanno al di là della questione del pagamento delle fatture e delle bollette arretrate.



Intanto Bruxelles ha chiesto all’Italia di trovare altri 6 miliardi di euro per mettere il debito in sicurezza…

Di fronte a queste continue richieste europee, l’Italia dovrà scegliere quale atteggiamento avere in futuro. Per restare al di sotto del rapporto deficit/Pil del 3% era stata necessaria un’ulteriore correzione da 4,5 miliardi di euro. Ora l’Ecofin ci chiede di stanziare altri 6 miliardi di euro per tenere a bada il debito. Se dovremo continuare a rispettare il tetto del 3% e a correggere la traiettoria del debito a colpi di avanzi primari non ce la faremo mai, anche perché queste risorse non ci sono.



Tenuto conto delle dichiarazioni di Padoan sul tetto del 3%, che cosa dovrebbe fare il governo italiano?

Nel suo primo programma del dicembre 2013, Renzi aveva messo nero su bianco che il 3% era un dato anacronistico e che bisognava cominciare a porre il problema di cambiare i trattati. Poi questa posizione è sfumata ed è subentrata una ricerca dell’accordo con la Germania. Renzi ha introdotto un discorso all’insegna del restare sotto al 3% per essere credibili e nel contempo rilanciare la crescita. Non so se questo sarà ancora possibile: il governo Renzi è a un bivio e presto dovrà scegliere se continuare a rispettare i trattati Ue o cercare di favorire la crescita.

Per Padoan, “lo sforzo in più (richiesto dall’Ecofin, Ndr) ha a che fare con l’efficacia delle misure, si tratta di precisare l’impatto di quelle che il Governo ha già adottato, non di una manovra aggiuntiva”. Che cosa vuol dire?

Le riforme messe in cantiere dal governo avranno un impatto positivo sulla crescita di alcuni decimali di punto. Padoan intende dire che l’Ecofin non tiene conto di questo effetto, e che quindi non c’è bisogno di un aggiustamento. Bruxelles non si rende conto che dopo avere rimesso sul tappeto 4,5 miliardi di euro, adesso non c’è il margine per trovare altri 6 miliardi. Il governo italiano cercherà di accreditare il fatto che stiamo facendo le riforme e che avranno un impatto tale per cui non c’è bisogno di un’ulteriore correzione.

 

Il governo ha annunciato che non estenderà il bonus da 80 euro ai pensionati. Significa che intende adeguarsi all’austerità europea?

Il nostro esecutivo punta ad aprire un altro tavolo di negoziato. Stringere ancora la cinghia non è possibile, ma d’altra parte la traiettoria del debito italiano fa sì che anche i falchi abbiano ragione a sottolineare questo punto. Ciò cui arriveremo è un’ulteriore fase di negoziato squisitamente politico attraverso cui il governo italiano cercherà di evitare un nuovo aggiustamento.

 

Quale risultato uscirà da questo tavolo?

L’esito del negoziato dipenderà dai risultati economici che avremo in mano a marzo. Se, per esempio, la crescita sarà ancora pari o intorno allo zero, acconsentire a un ulteriore aggiustamento di deficit o debito sarebbe letale. A quel punto o l’Europa arriverà a più miti consigli, o si potrebbe porre una divaricazione assoluta tale per cui il nostro governo deciderà di non rispettare più il rapporto deficit/Pil del 3%.

 

(Pietro Vernizzi)