Il fenomeno delle nuove imprese rimane rilevante, ma negli ultimi anni si è osservato un saldo negativo tra aperture e chiusure di imprese, con un parziale recupero nell’anno in corso, ma con la necessità di una verifica a fine anno. Il 45% delle nuove aperture riguarda giovani sino ai 35 anni, rimane alto l’aspetto motivazionale dell’autorealizzazione che si posiziona al 54,3%, ma appare in leggera crescita la motivazione dell’autoimpiego (32,2%) dettato dalla necessità di trovare un lavoro da parte dei tanti disoccupati.



È evidente una criticità contestuale data dalla recessione della nostra economia nazionale che giustifica il dato sulla paura di insuccesso da parte dei possibili nuovi imprenditori che ci posiziona al secondo posto in Europa dopo la Grecia. Una specifica criticità strumentale riguarda la delicata fase del post-avvio e dell’accesso al capitale di rischio, in quanto sono previsti soprattutto degli strumenti per l’avvio dell’impresa lasciando però sguarnita questa fase del post-avvio. Le macro criticità contestuali si riflettono anche in una criticità micro che riguarda il singolo neo imprenditore. Risalta il dato della formazione di base dei neo imprenditori che per il 41,3% hanno scuola dell’obbligo o formazione professionale che si riflette nel dato sorprendente sulle difficoltà riscontrate che solo il 5,9% individua nella finanza e ben il 45% nel mercato.



È di tutta evidenza che oggi in primo luogo si pone il tema di un’adeguata soggettività imprenditoriale, in grado di operare in un mercato così globalizzato e competitivo. Il rapporto con il mercato è assolutamente decisivo perché in una situazione di crisi come questa solo ciò che ha un valore evidente per il cliente può stare in piedi, tenendo conto che la competizione non è più di quartiere, ma globale. Perché uno dovrebbe comprare un oggetto nel negozio della via accanto rispetto a quanto gli propone il negozio virtuale su internet?

Il rapporto con il mercato mette a tema la capacità di cogliere dei bisogni reali, di offrire prodotti e servizi che possono essere preferiti, in una modalità di comunicazione adeguata al cliente potenziale. Dall’ascolto di una serie di esperienze è emersa che la dimensione della rete è l’ambito naturale ove l’idea imprenditoriale può nascere, divenire progetto, impresa che si consolida e sviluppa sul mercato. Osservando queste esperienze in atto si sta appalesando una nuova architettura della rete che sta portando grandi cambiamenti.



Il primo aspetto di questa architettura riguarda le reti sociali. La risposta al guizzo di una lettura intelligente della realtà è possibile solo all’interno della dinamica di rete in cui è possibile creare dei gruppi in grado di definire un progetto, nonché di accedere a sostegni finanziari altrimenti irraggiungibili. In alcune esperienze è evidente che le singole persone non avrebbero mai potuto definire e avviare i progetti imprenditoriali, non solo per le capacità economiche, ma anche perché nella relazione l’intelligenza della realtà di sviluppa. È un cambiamento culturale sostanziale rispetto a una dimensione dell’imprenditore individualista che continua ancora a essere al centro di tanta impresa e che ha portato tante aziende alla chiusura in questo contesto di crisi.

C’è una miopia culturale diffusa anche nella lettura di tanti fenomeni imprenditoriali, infatti la vera genialità del singolo è l’apertura, la capacità cogliere e valorizzare lavorando insieme. L’esperienza di un grande imprenditore innovativo come Jobs ha evidenziato che la sua capacità è stata quella di cogliere le potenzialità di ciò che avevano scoperto altri e la capacità di saper lavorare e motivare un team su un obiettivo condiviso. Tutto ciò non significa che solo i formali contratti di rete consentiranno un futuro alle nostre imprese, ma certamente partecipare a delle reti sociali è oggi condizione fondamentale per sviluppare le proprie conoscenze acquisendo un’intelligenza della realtà più adeguata.

Il secondo pilastro dell’architettura della rete sono gli spin-off generati dall’Università o da imprese strutturate che sono il segno di questa concezione nuova di impresa che è consapevole di crescere solo in una dimensione di rete sia orizzontale che verticale. In questo caso specifico vediamo come le eccellenze presenti dentro le nostre università o dentro imprese top strutturate sono una ricchezza enorme per la creazione di impresa necessarie alle filiere di settore. Anche in questo caso si osserva un nuovo modo di fare impresa, ovvero il passaggio da un’immagine di un’impresa chiusa e autoreferenziale a un’impresa totalmente aperta, continuamente alla ricerca di nessi, collaborazioni e integrazioni per lo sviluppo di innovazione e competitività.

Il terzo pilastro dell’architettura delle reti che si osserva in fieri è la rete Sistemi Locali, ove stakeholders dei territori sono impegnati in progetti di cooperazione al fine di assicurare un ecosistema favorevole alla creazione e allo sviluppo di impresa. Rimane ancora qualche difficoltà perché il cambiamento riguarda non solo il modo nuovo di fare impresa, ma anche un modo nuovo, per esempio, di essere corpo intermedio oppure di gestire un ente locale. Persiste in alcuni casi una visione autoreferenziale, chiusa in se stessa, che non porta vantaggi ai soggetti locali, in cui si pensa che la propria soddisfazione personale consista nel piccolo potere che si gestisce e non nel servizio a bisogni reali a tentativi virtuosi che le persone dei territori promuovono.

È un cambiamento di posizione umana che viene richiesto, perché è molto più gratificante osservare una persona che responsabilmente riparte in una costruzione positiva che essere centrati sul proprio effimero potere. In mezzo alle grandi difficoltà del momento occorre guardare al nuovo che tra le pieghe della realtà sta nascendo, in quanto solo una novità in atto è un contributo di speranza e di metodo. Partecipare a una rete facendo l’esperienza di un miglioramento di sé e delle proprie capacità è una possibilità per tutti.