L’accusa da parte di migliaia di tedeschi, sottoposta al giudizio della Corte costituzionale tedesca, che sotto la gestione Draghi la Bce avesse violato lo statuto è stata disinnescata. La Corte, infatti, ha rimesso la questione alla giurisdizione europea pur riservandosi un successivo pronunciamento nazionale. La questione. Lo statuto della Bce vieta il ruolo di garante di ultima istanza dei debiti degli Stati e limita strettamente le immissioni di liquidità d’emergenza. In sintesi, la Bce non ha strumenti per gestire crisi.



Draghi è stato abile, in particolare a fine 2011 e nel 2012, nell’inventare strumenti indiretti di garanzia e reflazione che aggirassero i limiti statutari senza violarli. Per esempio, lo statuto fornisce alla Bce poteri illimitati di intervento per gestire crisi bancarie. Stabilito il collegamento tra crisi di fiducia su alcuni debiti sovrani dell’Eurozona e crisi bancaria, per risolvere la seconda ha aperto la possibilità di interventi sulla prima. Lo statuto non è stato violato nella forma, e infatti l’accusa sarà respinta, ma nella sostanza, fortunatamente, sì.



Qui il punto di frizione con la Germania che pretende una politica monetaria senza rischio, anche minimo, sul lato dell’inflazione, né di impegnare soldi fiscali tedeschi per salvataggi europei. Venerdì scorso il mercato ha reagito positivamente all’abdicazione della Corte tedesca perché ritiene che Draghi avrà mani più libere sia per accelerare la ripresa, via reflazione, nell’Eurozona, sia per emulare la funzione di garanzia dei debiti statali se ci fosse una nuova crisi della loro affidabilità. Infatti, i titoli di debito italiano hanno avuto un beneficio in forma di riduzione dello spread con quelli tedeschi e la Borsa italiana ha avuto un buon rialzo. Ma temo che la libertà d’azione non sarà tanta. Draghi comunque resta condizionato da uno statuto limitante e da una componente tedesca entro la Bce che è costantemente di traverso.



Infatti, senza criticare Draghi, è evidente che la Bce è in ritardo per contrastare il rischio di deflazione e stagnazione dell’economia reale in molte parti dell’Eurozona e, soprattutto, la restrizione del credito bancario, pesantissima in Italia.

Probabilmente c’è la preoccupazione di non sfidare troppo il sentimento tedesco per non favorire i nazionalisti nelle elezioni europee di maggio. Ma devono gli europei soffrire per rispettare l’ansietà tedesca, tra l’altro tecnicamente infondata?

Un po’ è razionale per non scassare l’Europa, ma se le nostre aziende continuassero a chiudere per difetto della politica monetaria ciò sarebbe inaccettabile.

 

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