La Rotomors di Torino è nata nel 1966 come azienda che si occupa della progettazione e fabbricazione di macchine utensili: è leader mondiale nei sistemi di bloccaggio pezzi a elevato contenuto tecnologico, nello sviluppo di sistemi cambio pallet automatici per torni verticali e centri di lavoro, e di navette cambio stampi per presse. L’azienda è presente sui principali mercati mondiali e dispone di due filiali estere, una in Francia l’altra in Germania, oltre a contare su una diffusa rete internazionale di distribuzione e rappresentanza. Dal 1975 è associata a Ucimu-Sistemi per Produrre. «Siamo partiti facendo autocentranti per torni – racconta in questa intervista il presidente Mario Bertorello -. Abbiamo puntato subito sulla tecnologia e sull’automazione. Forse è questo che ci ha permesso di svilupparci. Dagli anni ‘60 di strada ne abbiamo fatta parecchia. Fin dall’inizio abbiamo puntato sull’aspetto tecnico più che sulla produzione e dai primi risultati abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta».



Come avete chiuso il 2013?

Stando a galla, che di questi tempi è già un successo. Il mercato interno sta attraversando una fase delicata e a fatica riusciamo a raccogliere qualche ordine sui mercati esteri. Soprattutto per i macchinari di fascia media.

Quali sono le difficoltà maggiori che incontrate?

Innanzitutto il cambio dollaro/euro che penalizza tutta l’Europa e in particolare i costruttori di macchine utensili e sistemi di produzione che sono fortemente orientati a esportare oltre i confini dell’euro.



Dove state avendo successo all’estero?

Siamo presenti in Stati Uniti, Francia, Germania, Giappone, Spagna e Brasile. Anche in Russia abbiamo presentato delle offerte soprattutto in campo petrolifero. O anche per sistemi di pallettizzazione che negli ultimi anni sono particolarmente richiesti perché riducono i tempi di riattrezzamento della macchina.

Le trattative sono molte complesse?

Va considerata la necessità di effettuare prima dell’offerta uno studio approfondito della problematica del cliente, anche perché le macchine italiane si distinguono da quelle della concorrenza per la grande flessibilità dei prodotti, che sono realizzati fianco a fianco del cliente. Un lavoro che richiede un grande dispendio di energie ma permette di realizzare macchine su misura per specifiche esigenze. A questi tempi si sommano quelli di progettazione. Tecnicamente ogni commessa si protrae mediamente per almeno 60 giorni.



Qual è il settore utilizzatore che tira di più?

A livello mondiale, quello ferroviario; nel mondo c’è ancora tanto bisogno di ferrovie. Inoltre, con l’alta velocità aumenta la richiesta di sicurezza. Di conseguenza aumentano anche i controlli sull’usura dei pezzi.

A chi fornite i vostri sistemi ferroviari?

Noi forniamo l’attrezzatura per costruire i pezzi della ferrovia. Ne abbiamo consegnati in India, parecchi anche in Italia, in Francia e in Germania.

 

Dove sta investendo Rotomors?

Oggi, particolarmente nel settore energetico. Stiamo progettando nuovi attrezzi per lavorare i tubi e le valvole utilizzati nel settore petrolifero. È questo il tema principale delle nostre innovazioni tecnologiche: siamo concentrati sui sistemi di sicurezza e nell’abbattimento dei “tempi morti” per essere competitivi con i paesi emergenti.

 

Che prospettive di sviluppo avete?

Non saprei, fin quando non si investe non è facile fare previsioni. Adesso siamo praticamente in stand by, stiamo aspettando che succeda qualcosa. A oggi l’Italia non offre grandi prospettive, si spera che con l’entrata in vigore della “Sabatini bis”, strumento che permette finanziamenti a tassi agevolati per gli investimenti in macchinari, la situazione migliori. Personalmente sono un po’ deluso dai politici, in particolare quelli europeiL’Europa non ci lascia lavorare! Non ci lascia neanche spendere i soldi che abbiamo in tasca.

 

Nei programmi dell’Unione europea sono previsti aiuti per il vostro settore?

La difficoltà economica che ha caratterizzato l’Europa degli ultimi anni ha pesato ovviamente molto anche sui settori industriali e, la macchina utensile, per sua natura alla base del manifatturiero, ha sofferto parecchio. Il nuovo programma quadro della Comunità europea “Horizon 2020”, che ha in dote un piano di finanziamenti utili al rilancio dell’industria europea e che, rispetto ai piani precedenti, sposta il suo baricentro dalle opere infrastrutturali all’innovazione tecnologica e riporta il manifatturiero al centro dei piani dell’Unione europea, offrendo alle Pmi nuove opportunità di sviluppo, è un segnale incoraggiante. Speriamo che le imprese possano e sappiano beneficiarne.

 

Nuovi mercati si aprono? In Asia, in Cina…

In Cina abbiamo tentato. Come le dicevo, siamo presenti in Giappone e in India.

 

In India come vanno le cose?

Ci stiamo attrezzando. Non mi pare però che siano pronti ad accogliere in toto le nostre automazioni, molte delle lavorazioni che potrebbero essere automatizzate vengono ancora svolte manualmente, dunque il mercato non sembra ancora pronto.

 

La manodopera lì costa poco, è così?

Al contrario, direi che è in Italia che il costo del lavoro è troppo elevato.

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