Il fondo di 500 milioni per le imprese sociali (dal 1 giugno 2014), annunciato dal primo ministro Renzi, è una proposta concreta di economia reale. Si riconosce il ruolo delle imprese sociali non profit non più come ancillare (“come sono carini quelli del Terzo settore”) e solo fruibile nell’emergenza e negli interventi riparativi rispetto alle carenze di risposta ai bisogni che spesso anche la Pubblica amministrazione non è in grado di dare. Le imprese sociali non profit svolgono un ruolo “grande e indispensabile” e strutturale per il sistema Paese. Ora il tema da affrontare è che tutto non si esaurisca in un “effetto annuncio”.



Partiamo dall’assunto dimostrato che le imprese sociali (di sistema ed “ex lege”), per la loro formula imprenditoriale (diversa da quella profit), creano posti di lavoro. Infatti, a fronte dei dati dell’ultimo censimento Istat diminuisce il numero degli occupati nella Pubblica amministrazione (-11,5% del personale in dieci anni), le imprese profit registrano una crescita molto contenuta (+4,5%) ,mentre le imprese sociali non profit segnano un +39,4% di addetti. Senza celebrazioni: questo è il dato di realtà. Inoltre, l’impresa sociale non profit potrebbe essere un “ammortizzatore sociale” per i disoccupati. Non rientra fra gli “ammortizzatori” regolati per legge (che peraltro dovrebbero essere riformati), ma può essere ugualmente uno strumento sfidante per “ammortizzare” la crisi economica e i potenziali conflitti e le tensioni sociali incombenti.



Nel 2012 si sono fatte sperimentazioni in regione Lombardia presso Arifl (Agenzia regionale per l’istruzione, la formazione e il lavoro) e si è creato il modello di impresa sociale non profit come “salvaziende profit” (rescue company). Infatti, una politica attiva può essere fatta tramite la “filiera sussidiaria aziendale e orizzontale” che interviene sulle Pmi in crisi per il tramite dell’attivazione di imprese sociali non profit. Come? Il modello della Rescue Company nasce dalla individuazione di Pmi “in crisi”, che hanno richiesto la Cig, la Cigs, ecc.

Si può intervenire con la costituzione di imprese sociali non profit “ex lege” (L. 118/2005, D. Lgs. 155/2006) o cooperative sociali di tipo B ove i dipendenti, ora disoccupati, diventano “proprietari imprenditori” o soci. Questa crisi può derivare da un effettivo problema di mercato relativo al settore di “business” della Pmi o da difficoltà economiche derivanti da problemi proprietari con altre imprese collegate e altro. Si attiva un percorso di salvataggio che può svilupparsi nella direzione per cui se l’impresa è in crisi a causa della saturazione del mercato in cui operava è possibile ripensare un’impresa sociale che opera in nuovi mercati, in mercati di nicchia o di valenza sociale.



In sintesi, creando un’impresa sociale “ex lege” (L. 155/05, D. Lgs. 155/2006) nella forma di srl/spa senza distribuzione di utili o cooperative sociali di tipo B ove le fasce svantaggiate sono i dipendenti disoccupati, si ritorna a dare dignità lavorativa ai disoccupati. Una parte dei 500 milioni stanziati potrebbero costituire il finanziamento per il capitale di funzionamento di queste start-up. Questo è fondamentale per dare ossigeno finanziario per ripartire.

Se poi si accogliesse “l’emendamento Bobba” sull’impresa sociale si faciliterebbe la creazione di queste imprese sociali “rescue company”. Infatti, con questo emendamento si introduce, per tutte le imprese sociali costituite in forma di società, la possibilità di remunerare il capitale, seppur in misura limitata e non speculativa (redditività “cappata”). In questo modo si favorisce l’entrata di capitale di rischio privato, salvaguardando comunque la natura sociale dell’impresa, delle attività e degli investimenti che essa intende effettuare.

Inoltre, si riconosce la natura di Onlus di diritto, e il conseguente regime fiscale, a tutte le organizzazioni che assumono la qualifica di impresa sociale, qualsiasi sia la forma giuridica adottata. In questo modo i 500 milioni (o parte) del fondo per le imprese sociali assumerebbero un effetto volano e moltiplicatore contro la disoccupazione.