Quella che si apre oggi potrebbe essere la settimana decisiva per l’Europa. Giovedì, infatti, si riunisce il Consiglio direttivo della Bce, primo appuntamento dopo l’apertura a nuove misure non convenzionali per sostenere la liquidità e l’espansione delle attività economiche nell’eurozona da parte del numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann: la Bce deciderà finalmente di andare oltre le minacce di intervento? I rischi di deflazione, nonostante le smentite da parte della banca centrale, rimangono concreti, visto che gli ultimi dati diffusi da Eurostat confermano come quattro paesi (Grecia, Cipro, Slovacchia, Portogallo) abbiano evidenziato un Hicp (indice armonizzato sui prezzi al consumo) negativo nel mese di febbraio (su base annuale): oggi, poi, sempre l’istituto di statistica europeo annuncerà i nuovi dati sull’inflazione, con la Spagna in lizza per presentare il peggioramento più marcato.
Ma nell’attesa di capire se e come la Bce deciderà di intervenire, sempre l’Eurotower giovedì scorso ha reso noto alcune cifre che da sole renderebbero non utile ma addirittura necessaria una scelta netta, partendo dal presupposto che la creazione di credito nel settore privato ha segnato un secco -2,2%, il dato peggiore da quando vengono tracciate queste statistiche. Vediamo qualche dettaglio. I prestiti alle aziende non finanziarie, su base stagionale, sono scesi di 12,6 miliardi in febbraio, dopo che in gennaio si era già registrato un calo di 9,3 miliardi di euro, come mostra il primo grafico a fondo pagina. Insomma, un drastico peggioramento dopo che nei mesi scorsi l’emorragia aveva un po’ rallentato la sua entità. Scorporando il dato per nazione, il Paese che ha registrato il maggior calo nei prestiti ad aziende non finanziarie è stata proprio l’Italia, con un calo di ulteriori 3,7 miliardi di euro; a seguire la Spagna, -1,7 miliardi di euro e la Germania con -0,6 miliardi di euro, unico Paese in controtendenza la Francia con +3,7 miliardi, a conferma di un trend in consolidamento come dimostra il secondo grafico
Da notare che il numero di prestiti concessi dal luglio 2011 a oggi è calato del 30% in Spagna e dell’8% in Italia. La crescita di massa monetaria M3 rimane debole e soprattutto in netta divergenza dal dato sulla concessione di nuovi prestiti (trend ormai fisso dal luglio 2011), voci che in tempi normali si muovono invece nella medesima direzione: oggi invece abbiamo un aggregato M3 che cresce dell’1,3% in febbraio dopo il +1,2% di gennaio, contro un -2,3% di creazione di nuovi prestiti al settore privato: insomma, il meccanismo di trasmissione è completamente grippato, come dimostrato dal terzo grafico
Di più, quanto sta accadendo è la riprova sostanziale di come i programmi di stimolo finora messi in campo dalla Bce siano stati nulla più che regali alle banche e ai mercati di capitale, visto che invece di far confluire liquidità nell’economia reale hanno soltanto dato vita a corse verso il profitto in puro ambito speculativo e ad acquisti di massa di debito sovrano che hanno artificialmente compresso lo spread.
C’è poi un altro fattore che entra in campo nella giustificazione di questi dati, ovvero gli stress test. Se infatti i bilanci delle banche sono calati di circa 20 punti percentuali rispetto al Pil lo scorso anno (dato ufficiale comunicato martedì scorso da Mario Draghi in persona), è perché hanno messo a dieta gli stati patrimoniali per farsi belle con l’Eba, chiudendo a doppia mandata i rubinetti e mettendo in vendita a prezzo di saldo sofferenze e incagli che i fondi statunitensi – e non solo – si sono fiondati ad acquistare: soltanto la nostra Unicredit ha postato una perdita da 14 miliardi di euro a causa di writedowns e vecchie acquisizioni ma il mercato, ovviamente, ha festeggiato questa “ripulitura” tramutando l’istituto nel più capitalizzato e sicuro del Continente. La stessa Bce ha salutato con favore la vicenda, invitando anche altre banche a seguire l’esempio e non attendere i risultati degli stress test a ottobre.
Detto fatto, venerdì scorso Intesa Sanpaolo ha festeggiato con un rialzo record in Borsa dopo aver annunciato un esercizio 2013 in rosso per 4,55 miliardi e il ridimensionamento del suo ruolo di banca di sistema, annunciando la cessione del portafoglio di partecipazioni da 2 miliardi. L’ampio rosso appena annunciato si confronta con un utile di 1,6 miliardi nel 2012, ma deriva dalla scelta del management di Ca’ de Sass di procedere a un ampia pulizia di bilancio, con accantonamenti e rettifiche di valore nette per 7,86 miliardi (5,2 miliardi nel 2012) di cui 3,5 miliardi nel solo quarto trimestre.
A fronte di questo, guarda caso, l’aiutino: la banca ha comunque potuto contare sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia, che ha avuto un impatto positivo per 2,56 miliardi sul conto economico (mentre sul capitale potrà influire solo dal 2015). Al netto degli accantonamenti, il risultato sarebbe stato positivo per 1,2 miliardi. E il Consiglio di amministrazione, nonostante il rosso, ha quindi deciso di proporre all’assemblea un dividendo di 5 centesimi sia per le azioni ordinarie che per le risparmio, da pagare cash dalle riserve, in linea con la remunerazione degli azionisti dello scorso anno. Insomma, gran ripulitura generale, addio alle partecipazioni in aziende di sistema e promessa di tornare all’erogazione di credito: ci sarà da crederci?
Quanto sarà sufficiente una politica simile, al netto di sofferenze quasi al 13% del totale e piani di svendita delle stesse a fondi esteri con sconti sul valore facciale che parlano di una necessità spasmodica di liquidità? Per Howard Archer, economista alla Ihs Global Insight, «il calo nei prestiti bancari ha chiaramente reso noto un combinato di offerta limitata e domanda mutata». D’altronde, siamo di fronte a numeri degni di una guerra, non di una crisi: i prestiti alle aziende in Slovenia sono scesi del 15,8% in febbraio (dato annualizzato), calo mai registrato nell’Ue, mentre in Spagna si è registrato un -9,5% e in Irlanda del 6,5%, il peggior dato dall’ottobre 2011: soltanto cinque paesi dell’eurozona hanno visto crescere i prestiti al settore corporate in febbraio. Avete un’azienda e volete un clima business friendly: andate in Finlandia, dove a febbraio il dato sui prestiti ha segnato un rotondo +6,1%. La Bce deciderà finalmente di agire? Giovedì lo scopriremo.
P.S.: Dunque, le aspettative di crescita economica globale per il 2014 sono al nuovo minimo del 2,78%, il 15% in meno rispetto a quanto previsto lo scorso anno. In compenso, il mercato azionario è in crescita del 25% rispetto all’inizio del 2013. Due sole conclusioni. 1) Lunga vita alle banche centrali 2) Prima o poi la festa finisce. Male.