In questi tempi sconvolgenti, in cui tutto è in crisi, in cui mancano riferimenti chiari con cui tentare un paragone e trovare un riferimento, accadono fatti e dichiarazioni davvero impreviste. L’ultima che mi ha sorpreso è la recente pubblicazione del bollettino trimestrale della banca centrale inglese, la prestigiosa Bank of England. E cosa dice di così straordinario? In un paio di articoli, i primi due del bollettino, dice tutte le cose che il pensiero economico oggi dominante nega ostinatamente, dice tutto ciò che normalmente non si trova sui libri universitari riguardo la questione monetaria. Cioè l’argomento principale da me affrontato in tanti articoli di questi quattro anni (eh sì, sono ormai quattro anni che generosamente viene dato spazio ai miei articoli su questo sito; quattro anni di avventura fantastica e questo è l’articolo numero 100: per chi legge fino alla fine c’è pure un premio).



Il bollettino è pubblicato anche sul sito ufficiale della banca centrale inglese. Il primo articolo ha per titolo “Money in the modern economy: an introduction” e riepiloga alcuni elementi fondamentali della moderna moneta, prima di tutto il fatto che la moneta è una sorta di cambiale, un pagherò. Con questo si sottintende il fatto che la moneta induce a un comportamento, cioè si accetta moneta (in cambio della vendita di un bene) perché si ha la ragionevole convinzione di poter spendere moneta in cambio di beni e servizi.



Poi vengono ricordate le tre funzioni fondamentali di una moneta: riserva di valore, unità di conto e mezzo di scambio. Infine, vengono menzionate le tre forme fondamentali di moneta: la moneta cartacea (circolante), la moneta elettronica (i conti correnti) e i depositi della banca centrale. Questo articolo arriva a sfiorare argomenti come diverse tecnologie di pagamento (come Paypal e Google Wallet), diversi sistemi di pagamento (come i sistemi di Moneta Complementare), fino alle monete digitali (come Bitcoin, Litecoin e altri), sdoganando finalmente una serie argomenti rimasti finora ignorati nella letteratura economica scientifica ufficiale.



Il secondo articolo è ancora più interessante e incisivo, poiché, come dice il titolo “Money creation in the modern economy”, mette il dito sulla piaga, cioè su quanto accade oggi all’atto della creazione della moneta. E tanto per chiarire fin dall’inizio come stanno le cose, il documento inizia con: “La creazione di moneta in pratica differisce da alcune sbagliate credenze popolari”. Già in questa frase si ammette l’esistenza di “credenze popolari” (chissà come si sono formate!) sulla creazione di moneta. La creazione di moneta in pratica è differente, si avverte.

E in cosa consiste questa differenza? Quali sono queste credenze popolari? Una delle più diffuse è che le banche commerciali svolgano sostanzialmente una funzione di intermediazione tra chi deposita in banca e chi chiede prestiti alla banca. Invece, l’articolo in questione chiarisce che “la maggior parte del denaro prende la forma di depositi bancari, ma come questi depositi bancari si formano è spesso non compreso: il modo principale è attraverso i prestiti concessi dalle banche commerciali”.

In altre parole, la maggior parte delle persone è convinta che dai depositi il sistema bancario acquisisca la possibilità di fare prestiti; in realtà, è esattamente l’opposto: sono i prestiti del sistema bancario che diventano inevitabilmente depositi presso lo stesso. Questo mette in luce (una cattiva luce) anche la dinamica della crisi attuale: non siamo in crisi perché è crollata la produzione in seguito a un disastro naturale o un terremoto spaventoso o uno tsunami o una carestia dovuta a siccità o a una guerra nucleare. Non è accaduto niente di tutto questo. La crisi è nata nel sistema bancario e lì trova nuova linfa e nuova energia devastante, poiché dall’inizio della crisi il sistema bancario non ha cambiato il proprio comportamento né ha cambiato le sue regole.

Inoltre, lo stesso articolo afferma che “un’altra comune credenza sbagliata…” (o scegliete voi la migliore traduzione di “misconception”) “…è che la banca centrale determina la quantità di prestiti nell’economia controllando la quantità di moneta della banca centrale”. E qui troviamo conferma nelle numerose dichiarazioni di Draghi, quando, annunciando nuove misure a favore del sistema bancario, ammette che poi tocca sperare che il sistema bancario presti questi soldi all’economia reale.

In questa “speranza” si trova tutta l’incapacità della Bce di agire concretamente contro la crisi economica. E questa speranza si infrange contro la logica e contro i numeri: la Bce continua a fornire nuovi mezzi monetari, nuova liquidità al sistema bancario europeo, e questo continua a non prestare moneta all’economia reale, ma a fare investimenti finanziari. E nonostante l’impegno della Bce, se calano i prestiti, la moneta in circolazione non può aumentare.

Il grafico a fondo pagina lo conferma. Si tratta dell’aggregato monetario M3, dati della stessa Bce. Dallo scoppio della crisi, la crescita si è decisamente spezzata, e negli ultimi tempi tende all’appiattimento. E se la Germania continua ad accumulare surplus, le altre economie sono destinate inevitabilmente ad affogare. Ma fino a un certo punto, superato il quale il collasso delle altre economie impedirà la crescita pure della Germania.

Ma non voglio lasciarvi con una nota triste. Consoliamoci, ci sarà la crescita di sicuro. Ho già scritto numerose volte che, con una disoccupazione crescente, ogni crescita sarà impossibile, a meno di trucchi contabili. Una profezia fin troppo facile da azzeccare. Indovinate la novità? L’Unione europea ha deciso di modificare le modalità con cui verranno calcolati i Pil dei paesi europei. E in cosa consistono tali modifiche? Di fatto verranno inseriti nel conteggio del Pil alcune voci fino a oggi calcolate tra le spese. La voce più importante è quella relativa a Ricerca e Sviluppo, poi c’è la voce riguardante gli investimenti militari. In altre parole, si è già calcolato che il Pil dell’Unione europea ne beneficerà per circa un 2,6% per il 2014.

 

Per l’Italia, che investe una percentuale modesta del proprio Pil in ricerca e sviluppo, il beneficio dovrebbe attestarsi intorno al 2% per il Pil. Per paesi che investono molto, come Norvegia e Svezia, il beneficio in termini di aumento del Pil potrebbe essere del 4-5%. Tutto questo fa anche pensare molto male non solo sulla velocità con cui certi poteri hanno brigato per sostituire rapidamente Letta con Renzi (altrimenti i meriti della crescita erano tutti per Letta); ma fa pensare molto male anche riguardo le reali motivazioni dell’acquisto dei caccia F-35, per un costo assai salato soprattutto in tempi di crisi. Un grande risultato: grossa spesa, niente produzione italiana e aumento del Pil.

Ma ora basta con i cattivi pensieri. Dobbiamo festeggiare i miei cento articoli. Offro un caffè a tutti, basta lasciare un commento a questo articolo, con una generica indicazione della zona in cui abitate. Buona Pasqua a tutti.