L’Iran di Hassan Rohani diventerà la nuova “mecca” per i produttori italiani di mobili? Forse. Per ora è in aumento il numero di quanti credono che la vecchia Persia rappresenti un’opportunità da non farsi scappare e sono pronti a scommetterci. Come i diciassette imprenditori di FerderlegnoArredo che sono stati a Teheran dal 18 al 21 maggio per incontri B2B con operatori locali. La sensazione è che le esportazioni verso quel Paese potrebbero crescere rapidamente. L’Iran, che a piccoli passi sta uscendo dagli anni bui del khomeinismo e della presidenza Ahmadinejad, è il Paese mediorientale con il maggior numero di abitanti dopo l’Egitto. La popolazione è molto giovane: più del 70% degli iraniani ha un’età compresa tra i 15 e i 64 anni. Esiste anche una fascia di milionari piuttosto ampia (ci sarebbero 5 milioni di “super ricchi”), concentrata nella capitale che, grazie all’embargo, ha incrementato il proprio capitale speculando. Il livello culturale della popolazione è piuttosto alto: molti architetti hanno studiato in Italia (soprattutto a Milano e Firenze) e parlano correttamente la nostra lingua. Gli iraniani sono attualmente i quinti produttori mondiali di petrolio e la diciassettesima potenza economica al mondo, nonostante le sanzioni.



I segnali di apertura e le riforme annunciate dal presidente Rohani potrebbero riservare sorprese interessanti. Già oggi, l’accordo con le maggiori potenze mondiali prevede la sospensione di parte delle sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu a fronte di un impegno dell’Iran a porre un freno all’arricchimento dell’uranio. A Teheran viene inoltre concesso l’accesso a fondi per circa 6 miliardi di dollari che finora erano stati bloccati. Il settore delle costruzioni è in crescita e anche l’industria iraniana del mobile si è sviluppata in modo considerevole negli ultimi anni. Anche se in un settore strategico come quello dell’arredo per l’ufficio, i prodotti iraniani sono copie di modelli italiani, riproposti tuttavia con un buon livello di finitura, superiore ad esempio a quella cinese o turca. Il made in Italy è evidentemente molto apprezzato e, qui più che mai, è sinonimo di eccellenza. Anche se rimane accessibile a una ristretta fascia di mercato – quella alta di cui si diceva – che, secondo le stime di Fla, corrisponde a un 10-15% del mercato. Il Sussidiario ha intervistato uno dei protagonisti dell’avventura iraniana per capire come sono andate davvero le cose. Si tratta di Andrea Ratzenberger, export manager di Las Mobili, azienda di Tortoreto (Te) che dal 1976 produce arredi per l’ufficio.



Com’è andata per voi?

È stato molto interessante. Abbiamo notato che il made in Italy, perlomeno il nostro prodotto, è particolarmente apprezzato e che attorno a esso c’è un forte interesse. Per quanto riguarda la nostra azienda posso dire che abbiamo ricevuto diverse proposte.

Che tipo di proposte?

Dalla produzione congiunta, quindi con l’eventuale creazione di joint venture, alla mera importazione dei nostri mobili da distribuire sul mercato locale.

Avete concluso accordi?

Con i clienti che hanno risposto siamo ancora in fase di negoziazione; alcuni ci hanno chiesto dei preventivi che stanno valutando. Con altri invece ci incontreremo di nuovo a settembre quando torneremo a Teheran con l’ad, Marcello Pedicone, per stringere inizialmente accordi commerciali e riuscire a entrare nel mercato iraniano.



 

Che difficoltà avete incontrato?

Le difficoltà più grosse sono legate alle barriere commerciali; ci sono tariffe doganali altissime che rendono l’esportazione piuttosto difficoltosa. Dal punto di vista legale ci sono procedure non proprio chiarissime, in più ci sono diverse zone franche. Stiamo ancora cercando informazioni chiare prima di procedere. Vogliamo esser preparati per non arrivare tardi nella logistica.

 

Qual è la via più facile?

Parrebbe quella di creare una joint venture, come hanno fatto tante aziende internazionali.

 

Ad esempio?

Cola Cola, Fanta o altre marche americane che, anche se suonerà strano, operano in Iran da tanti anni grazie ad accordi di produzione locale che hanno consentito di soddisfare la domanda interna.

 

Su chi contate per chiarire i vostri dubbi?

Principalmente sugli organismi italiani presenti sul posto, in primis l’Ice ma anche FederlegnoArredo. È utile anche l’esperienza dei partner locali: non stiamo parlando di piccole aziende ma di grandi imprese che hanno già lavorato con società europee, quindi sanno benissimo come fare per importare mobili dall’Europa.

 

L’Iran può diventare una base per raggiungere altri paesi dell’area?

Nella zona ci sono paesi molto interessanti, come l’Iraq, in particolare la zona nord – il Kurdistan – che sta crescendo a tassi molto elevati. Però per entrare in Kurdistan si può passare benissimo dalla Turchia che è un Paese di più facile accesso.

 

Altri mercati?

Più a est, c’è l’Afghanistan che pian piano si sta aprendo e ha anch’esso una crescita elevata; per adesso, però, non si capisce quale sarà il trend dei prossimi anni anche per la forte instabilità geopolitica della zona. In Pakistan invece si può entrare direttamente. L’interesse vero, secondo me, è per il Turkmenistan e l’Uzbekistan.

 

Cos’hanno di particolarmente interessante questi due paesi?

Il Turkmenistan è un Paese molto chiuso, ma il fatto che quest’anno apra l’ambasciata italiana è indice che sta cercando piano piano di aprirsi. Se l’Italia, che uno dei primi paesi europei a rinforzare la propria rappresentanza diplomatica, fa un passo di questo genere significa che siamo a buon punto.

 

L’Uzbekistan invece?

Ci sono produttori di mobili che sostengono di esportare moltissimo in quel Paese. Su questo però non ho conferme dirette, non metterei la mano sul fuoco.

 

Dovrete rivedere qualcosa della vostra organizzazione?

Non credo, penso che rimarremo con lo stesso assetto. La nostra struttura è stata concepita per far fronte alle filiere internazionali. Da quando siamo nati, nel 1976, siamo sempre stati orientati ai mercati esteri, abbiamo sempre esportato verso il mercato arabo e oggi siamo presenti in più di 70 paesi. Siamo ben allenati con le esportazioni verso la Russia che non sono propriamente facili.

 

Quali sono i prossimi passi?

Stiamo facendo ulteriori apprendimenti sulle aziende per capire sempre meglio cosa vogliono; poi faremo delle riflessioni in azienda per capire quale strategia convenga adottare. Successivamente, una volta chiariti i dubbi sulla documentazione necessaria e relativi tempi, si passa all’eventuale creazione di uno showroom in Iran e alla firma di eventuali accordi con il nostro amministratore delegato. Poi vedremo passo passo, mese per mese, se e come rafforzare i rapporti commerciali. Ma non siamo ancora a questo punto.

 

Siete ottimisti?

Certo, mantenendo sempre i piedi per terra però. Sappiamo benissimo che da un mese all’altro non si esporta per milioni di euro in un altro Paese. Entrare in un nuovo mercato è una sfida che richiede il suo tempo. Di questo siamo ben coscienti.

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