Nel primo trimestre del 2014 le esportazioni italiane sono cresciute dell’1,5% rispetto allo stesso trimestre del 2013. È quanto emerge dai dati Istat, secondo cui a registrare una tendenza particolarmente positiva è il Sud Italia che registra un +5,6%. Performance in miglioramento anche per il Nord Est al +4,5% e per il Nord Ovest al +1,7%, mentre il Centro cala dello 0,9% e Sicilia e Sardegna vedono le loro esportazioni crollare del 16,5%. Erano invece di martedì i dati sulla produzione industriale italiana aumentata dell’1,6% e il superindice Ocse secondo cui il nostro Paese è l’unico ad accelerare tra quelli del G7. Ne abbiamo parlato con il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.
Possiamo considerare questi dati come i segnali della ripresa o soltanto di un rallentamento del declino degli scorsi trimestri?
Questi tre indicatori confermano che c’è un allentamento della crisi. L’Italia si è lasciata alle spalle il punto più basso di caduta, sia del Pil sia della produzione industriale, e soprattutto il superindice Ocse è molto interessante perché normalmente questo indice è abbastanza preciso. L’attuale indicazione di crescita è abbastanza in linea con le aspettative del ministro dell’Economia, secondo cui ci sarà un secondo semestre 2014 più positivo di quanto non sia stata la partenza nell’anno.
Come valuta in particolare il +1,6% registrato dalla produzione industriale?
La stessa produzione industriale, pur con un andamento altalenante, si sta gradatamente riprendendo. L’elemento positivo è rappresentato dal fatto che all’interno dell’indice della produzione industriale è soprattutto il settore manifatturiero a essere apparso più positivo. È un fatto di per sé positivo che le esportazioni crescano sia pure di poco, perché in questo momento il mercato internazionale non sta affatto andando bene. Come vediamo dallo stesso indice anticipatore dell’Ocse, a eccezione dell’India, tutte le principali economie emergenti sono in una fase di trend calante.
Che cosa si aspetta per l’Italia nei trimestri a venire?
Ciò è molto legato al dividendo della fiducia, che questo governo deve saper amministrare. Il fatto stesso che le elezioni europee si siano concluse con un successo così rilevante del Pd e non con un ripudio dell’Europa ha dato certamente una serie di impulsi a favore di una ripresa della fiducia dei consumatori e dei cittadini. L’Italia ha adottato misure di austerità come la Grecia, pur non avendo le colpe di quest’ultima, e tuttavia ha votato a favore dell’Europa e dell’euro. Si è voluta premiare una linea che cerca di modificare le regole, sia pure molto cautamente perché è chiaro che la Germania e la Merkel sono degli avversari granitici. Un’Europa più orientata alla crescita è evidentemente un obiettivo che nel corso del semestre europeo il nostro governo si prefigge di centrare, almeno per mettere le basi per cominciare a cambiare qualcosa in Europa.
In che modo Renzi può favorire una crescita del Pil con le sue riforme?
In una fase in cui lo spread dell’Italia è significativamente basso, bisogna approfittare di questo momento magico lanciando una serie di riforme. Queste ultime darebbero ai mercati la sensazione che l’Italia ha svoltato non solo dal punto di vista della congiuntura economica, ma anche di una rinnovata capacità della politica a invertire rotta rispetto all’inazione di questi anni.
Quali interventi sono più urgenti?
La riforma del lavoro e interventi importanti sotto il profilo istituzionale come il Senato federale sono necessari per dare una scossa sia all’esterno che all’interno. I cittadini sono entrati in un clima psicologico più positivo, e se questo clima prosegue è possibile che parte di questi 80 euro che vanno nelle buste paga siano spesi. La stessa Confesercenti ha stimato un possibile incremento pari a 3 miliardi nei consumi delle famiglie. Nel primo trimestre, pur con un Pil a segno negativo, c’era già stato un segnale di miglioramento dei consumi.
(Pietro Vernizzi)