Numeri da un Paese a pezzi. Il dato relativo al primo trimestre del 2014 vede la disoccupazione raggiungere il 13,6%, in crescita di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Si tratta, in base a confronti annui, di un massimo storico, ovvero del valore più alto dall’ inizio delle serie trimestrali, partite nel 1977. Secondo i dati diffusi ieri dall’ Istat, nel primo trimestre del 2014 il numero delle persone disoccupate ha sfiorato i 3,5 milioni, salendo precisamente a 3 milioni 487mila (in aumento di 212mila su base annua). Nel nostro Paese oltre al tasso di disoccupazione in aumento, con un numero di senza lavoro ormai pari quasi a 3 milioni mezzo, continua a diminuire anche il numero degli occupati, scesi ad aprile dello 0,3% rispetto al mese precedente (-68 mila) e su base annua dello 0,8% (-181 mila).



E veniamo poi al vero e proprio inferno. Anche il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è salito ancora, raggiungendo nel primo trimestre un picco mai raggiunto prima: stiamo parlando del 46%. Nei primi tre mesi del 2014 la disoccupazione giovanile è aumentata di 0,4 punti percentuali su mese e di 3,8 punti su anno. Anche in questo caso si tratta, in base a confronti annui, di un massimo storico, ovvero sempre del valore più alto dall’ inizio delle serie trimestrali, partite nel 1977. Il tasso di disoccupazione tocca il suo picco nel Mezzogiorno, dove vola al 21,7% nel primo trimestre del 2014, mentre tra i giovani (15-24 anni) raggiunge addirittura il 60,9%. In pratica, sono 347mila i ragazzi in cerca di lavoro nel Sud, pari al 14,5% della popolazione in questa fascia d’ età.



Per quanto riguarda il dato di aprile, i disoccupati tra i 15 e i 24 anni risultano 685 mila, con una incidenza sulla popolazione in questa fascia di età pari all’ 11,4%, invariata rispetto al mese precedente e in aumento di 0,8 punti su base annua. Sempre ad aprile il tasso di disoccupazione dei 15-24enni ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 43,3%, in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 3,8 punti nel confronto tendenziale.

Per una volta sono completamente d’ accordo con il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a detta del quale «ormai stiamo strisciando sul fondo». E al netto del regalino elettorale di Matteo Renzi, senza copertura come sbugiardato dalla Commissione Ue e quindi destinato a costarci una manovra correttiva da circa 9 miliardi in settembre (a meno che non salga la quota di privatizzazione di Enel ed Eni, a prezzo di saldo però se vogliamo mettere fretta ai compratori), la situazione comincia ad andare fuori controllo in tutta Europa, con l’ Italia però a pagare il prezzo come al solito più alto.



Guardate questo grafico: ci dimostra come le nostre piccole e medie imprese paghino tassi di interessi quasi doppi rispetto alle loro concorrenti tedesche e francesi per ottenere un prestito fino a un milione di euro per una durata fino a 5 anni: così è come correre su un piede solo contro Usain Bolt, per forza poi che ci ritroviamo con la disoccupazione al 13,6%. Ma si sa, le banche sono troppo occupate a tenere lo spread basso per conto del governo, comprando debito pubblico con il badile, piuttosto che finanziare le imprese e cercare di dare un po’  di ossigeno alla quasi inesistente ripresa. Complimenti a loro e all’ Abi, sempre capace di accampare scuse e mai di fare un bel mea culpa.

Ma come vi dicevo, è l’ Europa sull’ orlo di una spirale deflattiva di stile giapponese. Nel mese di maggio, secondo le stime preliminari dell’ Eurostat pubblicate sempre ieri, l’ inflazione dell’ Eurozona ha rallentato ancora segnando un aumento dello 0,5% su base annua, contro lo 0,7% di aprile e il +0,7% della media degli analisti che si aspettava una dinamica annua invariata. L’ aumento più marcato ha riguardato i servizi (1,1% contro 1,6% in aprile), mentre il settore alimentazione, alcolici e tabacchi è aumentato dello 0,1% contro lo 0,7% di aprile. I prezzi di beni industriali ed energia sono rimasti invariati e l’ inflazione core si è attestata, su base annua, al +0,7% a fronte di un consenso al +0,9%. Il tasso di disoccupazione a livello di area euro, invece, è risultato pari all’ 11,7% ad aprile, in calo rispetto alle previsioni e al dato di marzo entrambi all’ 11,8%: poca roba ma almeno, altrove, c’ è un timido segnale.

A questo punto, il dato sull’ inflazione più bassa delle attese sostiene le ipotesi di un’ azione a sostegno della crescita da parte della Bce, già al meeting di domani. Il dato preliminare dell’ inflazione è infatti legato al rallentamento in Spagna, Italia e soprattutto in Germania, dove si è toccato il livello più basso dal 2010. Per Jennifer McKeown, economista di Capital Economics, «il calo dell’ inflazione dell’ Eurozona e il livello ancora alto di disoccupazione aumentano la pressione sulla Bce perché fornisca più supporto. La lettura avrebbe potuto essere più debole dopo il dato dell’ altro ieri della Germania. Non ci sono segnali di pressioni inflazionistiche. Sia i prezzi alla produzione che quelli import rimangono negativi, anche grazie alla forza dell’ euro. Inoltre, la continua debolezza del mercato del lavoro penalizza i prezzi». Dopo i dati di ieri, Capital Economics mantiene la previsione di inflazione 2014 e 2015 a +0,5% e continua a vedere «notevoli rischi di un calo sotto lo zero».

La Bce va verso un taglio dei tassi di interesse e l’ annuncio di incentivi all’ erogazione di credito al meeting di domani ma per McKeown «avrà bisogno di attuare un programma di allentamento quantitativo su larga scala per affrontare i crescenti rischi di deflazione. Il nostro indice non si è mosso più di tanto dopo la pubblicazione dell’ inflazione dell’ Eurozona. Il dato ha mostrato un deciso rallentamento dopo il tentativo di recupero ad aprile e si è attestato a un +0,5% annuo nel mese di maggio, sotto i livelli attesi. Sul mercato non ci sono stati tanti movimenti, e il dato non va a sconvolgere il quadro generale. Gli operatori rimangono tutti in attesa degli sviluppi che ci saranno alla riunione di domani della Bce».

C’ è però un rischio, ovvero che Draghi si limiti a tassi di interessi negativi, manovra assolutamente insufficiente in condizioni come quelle che abbiamo descritto finora. Servirebbe un programma di acquisto di Abs, ovvero uno strumento finanziario collateralizzato da altri tipi di assets che possono essere, ad esempio, immobili ma anche mutui e prestiti. E proprio i prestiti alle piccole e medie imprese dovrebbero essere, nell’ idea di Mario Draghi, i protagonisti principali di questa cartolarizzazione, per smuovere un po’  di liquidità, visto anche il crollo delle loro emissioni negli ultimi anni, come ci dimostra il grafico, sia per la bassa domanda che per altri ostacoli tecnici, come il trattamento regolatorio non certo di favore.

La Bce dovrebbe quindi cominciare a comprare Abs sul mercato o anche direttamente dalle banche nella seconda metà di quest’ anno, ma stando a dati ed elaborazioni degli analisti di Sg Abs & Civered bonds, la massa di Abs eligibili per la Bce rappresenta soltanto un controvalore di 760 miliardi, quindi per ottenere un effetto serio in quanto a creazione di credito, l’ Eurotower dovrebbe estendere gli acquisti anche a bond di agenzie sovranazionali o bond corporate. Lo farà, la Bundesbank lo consentirà? Domani lo scopriremo, ma questa volta il tempo sta davvero per scadere.