Italia al ventesimo posto nella classifica mondiale degli investimenti. È quanto risulta dalla Top 25 di At Kearney, che negli ultimi otto anni aveva escluso il nostro Paese e che ora ha deciso di riammetterlo in lista. Un segno della ritrovata competitività dell’Italia, che si colloca soltanto una posizione sotto al Giappone, e che fa meglio di paesi dell’Europa centro-settentrionale quali Belgio, Olanda, Danimarca, di un’economia in ascesa come la Turchia e dell’Indonesia, un gigante da 247 milioni di abitanti. Per Guido Corbetta, professore di Corporate strategy all’Università Bocconi e consigliere del Fondo Italiano d’Investimento, «il lavoro svolto nell’ambito di Cassa depositi e prestiti ha messo in evidenza le potenzialità del sistema manifatturiero italiano».



Che cosa è successo perché gli investimenti stranieri tornassero in Italia?

Dopo gli eventi dell’estate 2011, che mise in seria difficoltà la tenuta del Paese sotto un profilo economico e sociale, negli ultimi 12 mesi si è visto che l’Italia non sarebbe andata in default. Superata questa barriera psicologica, sono emerse tutte le opportunità presenti, legate a un sistema manifatturiero con grandi potenzialità e che ha dimostrato di aver un buon rapporto rischio/rendimento. Si è ridotto il tasso di rischio e si sono valutati in modo più appropriato i possibili rendimenti. Alcuni investimenti fatti in Italia nascono dal fatto che si possono acquisire maggioranze di aziende italiane a prezzi ragionevoli.



È solo cambiato il ciclo o il sistema italiano si è anche dato da fare per superare l’impasse?

Sono state intraprese una serie di azioni per favorire gli investimenti. Tutto il lavoro fatto nell’ambito della Cassa depositi e prestiti, in particolare con il Fondo strategico italiano e il Fondo italiano d’investimento, ha attratto in Italia significativi investimenti. Quei due fondi sono stati organizzati in modo professionale, dove si è visto il contributo positivo che può dare il pubblico, in termini di reputazione e di stabilità. D’altra parte si sono fatte delle proposte interessanti agli investitori internazionali. Penso all’operazione che ha riguardato Ansaldo, al coinvolgimento di Russia e Qatar nel Fondo strategico italiano e nel Fondo italiano d’investimento.



Nel momento in cui le imprese italiane tornano a essere appetibili, c’è il rischio che siano svendute?

Nelle operazioni che ho descritto finora l’investitore estero è stato attratto in posizione di minoranza, e si profila all’orizzonte l’operazione Alitalia-Etihad con le stesse caratteristiche, anche se trattandosi di minoranze qualificate avranno alcuni diritti. Quando d’altra parte si parla di acquisizioni di maggioranza, bisogna capire se l’acquirente straniero ha delle motivazioni per investire nell’impresa italiana. Anni fa General Electric ha investito nella Nuova Pignone, crescendo tantissimo in Italia. Lo stesso discorso vale per investimenti fatti nelle aziende del lusso, che poi sono state sviluppate molto con alcune basi in Italia. Il Made in Italy ha un valore aggiunto e lo ha avuto sia per Nuova Pignone, sia per le aziende del lusso. Le ritengo operazioni molto utili per il Paese.

 

Che cosa può fare Renzi in occasione del decreto Sblocca-Italia per attrarre ulteriori investimenti?

La spinta decisa che il presidente Renzi sta dando su temi come la riforma della burocrazia e della giustizia civile sono due elementi molto importanti. La certezza delle regole e la velocità nella giustizia qualora ci dovessero essere degli elementi di divergenza sono elementi molto importanti. Gli investimenti in un Paese estero non si fanno solo sulla base di agevolazioni, che pure possono aiutare, bensì su valutazioni positive di lungo periodo. Il tallone d’Achille dello Stivale è soprattutto nel Sud del Paese, e ciò che bisogna capire è come bisogna attrarre investimenti nel Mezzogiorno.

 

(Pietro Vernizzi)