Per sopravvivere alle difficoltà dettate dalla concorrenza dei grandi marchi, dagli elevati costi della distribuzione e dalle produzioni seriali, le micro e piccole imprese artigiane devono innovare i loro prodotti e i loro processi.
E’ proprio questo il caso di Ragioniamo con i Piedi, un progetto nato a Mantova mettendo insieme diverse aziende locali produttrici di calzature e rilanciarle dopo un gravissimo periodo di crisi, che le aveva portate sull’orlo della chiusura.
Il titolare Gigi Perinello, dopo 35 anni di lavoro passati vendendo le materie prime per aziende italiane ed europee, si accorge che, mentre la qualità dei materiali diventava sempre più scadente, i prezzi dei prodotti finiti continuavano ad aumentare. Questa corsa al ribasso costringeva sempre più aziende italiane a delocalizzare le produzioni per abbassarne sempre più i costi. “Sentivo il bisogno di ribellarmi a questo sistema – racconta – Volevo dimostrare che è possibile fare manifatturiero in Italia, rispettando la correttezza, il lavoro, le materie prime, le lavorazioni tradizionali e di qualità”.
Così è iniziata l’avventura di Ragioniamo con i Piedi: “Ho iniziato a cercare di coinvolgere calzaturifici che avessero la mia stessa sensibilità. All’inizio mi prendevano per pazzo, perché voleva dire sfidare i grandi marchi, nel tentativo di cambiare il mercato. Poi qualcuno ha iniziato a seguirmi: per primo il calzaturificio Astorflex. Abbiamo iniziato cambiando radicalmente il sistema distributivo, uno dei nodi cruciali del settore. Più dell’85% del prezzo del prodotto al pubblico infatti è costituito solamente dai passaggi di filiera: un’enormità”.
Ed è proprio per questo che i produttori fanno la corsa al ribasso nei costi di produzione: “Certamente. Con questi ricarichi altrimenti non è possibile sopravvivere. Faccio un esempio: una polacchina della Clarks, fatta in Vietnam, mediamente in negozio può costare fino a 140 euro. Di questi, circa 90 euro sono per i passaggi di filiera e altri 25-30 sono per la presenza della marca: il costo del prodotto in sé deve essere di 20 euro: come fa un produttore a sopravvivere? Cambiando completamente il sistema di distribuzione è possibile fare prodotti di altissima qualità e mantenere competitivo il prezzo finale. Bisogna puntare sulla vendita diretta: per questo noi puntiamo sulla vendita diretta al pubblico”.
La qualità, quindi, è la differenza più marcata tra un prodotto artigianale e un prodotto fatto industrialmente e in maniera seriale. Un tratto distintivo che fa la differenza: “I materiali innanzitutto: noi utilizziamo la pelle conciata col metodo vegetale: si mettono delle cortecce in acqua insieme alle pelli per 60 giorni. Con questo metodo, tramandato da secoli, in particolare dai conciatori toscani, si blocca la decomposizione naturale del materiale. La grandi aziende invece utilizzano il Cromo, che impiega solo 8 giorni a fare questo processo. Il problema è che il Cromo in molti casi genera allergia da contatto. La pelle conciata col metodo vegetale invece, oltre ad avere una maggiore durata, è anallergica e molto più confortevole”.
E il costo finale? “Ovviamente con queste lavorazioni il prodotto in sé costa di più di quello industriale, però saltando i passaggi di filiera il prezzo al consumatore delle nostre polacchine si aggira intorno ai 100 euro: circa 40 euro in meno di quelle di marca. Per questo ripeto che trovare nuove soluzioni nella distribuzione è strategico: in questo potrebbe darci una mano l’e-Commerce, che ha la forza di mettere in contatto le aziende, anche le più piccole, con il consumatore”.
Ed è proprio questa la sfida di cui si è fatto carico Artimondo, l’e-Commerce di Artigiano in Fiera: sostenere le micro e piccole imprese artigiane nelle sfide dettate dalla globalizzazione, portando la bellezza e la qualità dei prodotti artigiani nei grandi mercati.
(Simone Del Bianco)