Il Governo ha preso finalmente atto che la crescita nel 2014 sarà prossima allo zero e che c’è il rischio di una nuova recessione. Nei mesi precedenti ha mantenuto, contro ogni dato realistico, una previsione di crescita verso l’1% perché tale numero illusorio permetteva di evitare azioni che avrebbero portato dissensi in sede di campagna elettorale. Ora tali azioni dovrà farle, per lo più tagli alla spesa, con la priorità di evitare di sfondare il 3% del deficit di bilancio per non incorrere in sanzioni europee. Ma è diventata evidente un’altra priorità: facilitare veramente la crescita perché l’impoverimento sta aumentando e promette di travolgere il Governo con imputazioni di inconsistenza.



In sintesi, sono in corso due azioni: accelerazione del taglio alla spesa per restare entro il parametro di deficit e ricerca di stimoli per accelerare il ciclo economico. La prima azione è stata delineata, per esempio permettendo a Consip (l’ufficio acquisti dello Stato) di trattare con il suo metodo circa 50 miliardi finora gestiti da uffici acquisti locali o diversi, cosa che rende credibile, in base alle statistiche degli ultimi anni, un risparmio del 20%, ipotesi che promette 10 miliardi di spesa in meno proiettati nel 2015. Tale misura è credibile mentre altre, per esempio il taglio da 5.000 a 1.000 delle partecipate pubbliche nazionali e locali, appaiono più contrastate da dissensi.



Sul lato delle stimolazioni c’è il progetto di abbattimento o riduzione dell’Irap, del pagamento più rapido dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti di fornitori, ma poco altro. In sintesi, il Governo taglierà un po’ la spesa e troppo poco le tasse. Inoltre, il ministro dell’Economia ha precisato la sua dottrina: al taglio delle tasse dirette corrisponderà un aumento di quelle indirette, in particolare sulle rendite finanziarie e sul patrimonio immobiliare (da chiarire).

In sostanza, mancherà una vera stimolazione fiscale. In più, il taglio della spesa pubblica non bilanciato da quello delle tasse toglierà di fatto denaro all’economia. La conferma degli 80 euro non avrà effetto sistemico come non lo ha avuto finora.



Se così, dobbiamo prevedere che l’azione del Governo non avrà effetti stimolativi. Pertanto la speranza di un miglioramento nella crescita risiede in mutamenti non influenzati direttamente dalla politica e che stanno bloccando la ripresa: (a) restrizione del credito; (b) cambio de-competitivo dell’euro.

La buona notizia è che in autunno ambedue saranno più favorevoli e ciò bilancerà l’inefficacia del Governo, confermando la fiducia in un 2015 espansivo pur non essendoci segno che la politica possa attuare riforme incisive.

 

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