Migliorano le previsioni sui consumi degli italiani nel 2014, ma peggiorano quelle sull’andamento del Pil. È quanto risulta dall’ultima indagine di Confcommercio, secondo cui nel corso dell’anno la nostra economia crescerà dello 0,3% anziché dello 0,5% come era stato stimato due mesi fa. Mentre i consumi cresceranno dello 0,2%. Ma soprattutto, nel 2013 la pressione fiscale dell’Italia ha toccato il record mondiale. Al netto del sommerso, pari al 17,3%, le tasse nel nostro Paese raggiungono il 53,2%. Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Preti, direttore del master Piccole imprese della Sda Bocconi.
Professor Preti, analizzando i dati di Confcommercio, secondo lei la ripresa ci sarà o no?
Alla luce di questi dati no. Se Confcommercio ha una stima inferiore rispetto alla precedente, non sono questi i dati che confermano la ripresa. In parte spiegano perché questa ripresa non c’è, in quanto il terzo dato è quello della pressione fiscale. Quest’ultima da sempre in Italia è molto alta, ma forse è ancora più alta che in passato. Le tasse drenano quelle risorse che potrebbero fare crescere l’economia e i consumi.
Qual è stato l’effetto sui consumi degli 80 euro di Renzi?
L’effetto combinato degli 80 euro di Renzi e dell’aumento della pressione fiscale giustifica un aumento dei consumi delle famiglie, sia pure ridotto. Questi tre dati messi insieme dicono che l’Italia è un Paese in cui le poche risorse a disposizione sono assorbite dal Fisco. Ciò di per sé non sarebbe negativo, se poi questi soldi fossero ben impiegati per realizzare infrastrutture e accordi per la crescita. Così purtroppo non è, basta vedere la spending review che è sostanzialmente ferma.
L’aumento dei consumi può in parte compensare il calo dell’export?
Ben venga uno 0,2% in più, che come tendenza è positivo. Non mi sembra però che come valore assoluto sia in grado di determinare un effetto strategico, tale per cui i consumi interni possano compensare il calo dell’export. Siamo ancora in una fase economica in cui o l’Italia esporta, ed è aiutata a farlo, oppure nonostante un piccolo aumento dei consumi interni, non siamo complessivamente in grado di mettere il segno più davanti al nostro Pil. Non c’è quindi un’inversione strategica, questo +0,2% è positivo, ma non mi sento di dire che il mercato sia ripartito o che il motore interno possa riequilibrare il raffreddamento dell’export che per il momento rimane ancora fondamentale per la nostra economia.
Renzi ha ridistribuito il carico fiscale, in quanto ha dato gli 80 euro ma ha anche aumentato l’imposta sulle rendite finanziarie?
Non sarei così sicuro che Renzi abbia effettivamente realizzato una ridistribuzione. Il passaggio dal 20 al 26% dell’imposta colpisce la stragrande maggioranza dei contribuenti, molto probabilmente anche le persone che hanno incassato gli 80 euro. Quando si parla di ricchezza finanziaria vengono in mente il capital gain e chi specula in borsa, ma di fatto è una tassazione che si ripercuote anche nelle tasche di tutti noi, dal momento che abbiamo tutti un conto corrente.
Quando e come si potrà procedere a una riduzione complessiva delle tasse?
È un cane che si morde la coda. Renzi potrà abbassare le tasse quando il mercato interno ripartirà, ma ciò avverrà soprattutto quando la tassazione si ridurrà e lascerà più soldi nelle tasche degli italiani. È per questo che per un politico è così difficile intervenire nel modo più efficace. Per diminuire le tasse occorre coraggio, ma per molti versi non possiamo farlo perché abbiamo vincoli europei, un debito pubblico elevato e burocrazia che preme per difendere i propri privilegi. Dall’altra dobbiamo aspettarci un aumento dei consumi degli italiani segnalando la ripresa della capacità di risparmio.
(Pietro Vernizzi)