Cosa piace dell’Italia nel mondo? E’ questa la domanda intorno alla quale è ruotato il workshop organizzato durante la XXXV edizione del Meeting di Rimini 2014 in collaborazione con FederlegnoArredo. Diversi personaggi si sono confrontati e hanno offerto spunti interessanti per tentare di far comprendere come il mondo guarda al nostro Paese in questo particolare periodo storico: Marva Griffin, Fondatrice e Curatrice del SaloneSatellite e membro del Philip Johnson Architecture and Design Committee del Museum of Modern Art (MoMA) di New York, ha ad esempio parlato del suo impegno per i giovani designer nel mondo che vedono l’Italia come tappa obbligata della loro vita professionale. Augusto Massari, Primo Consigliere dell’Ambasciata Italiana a Pechino, ha invece raccontato la sua esperienza in Cina, mentre Mauro Guzzini, Chief Product & Innovation Officer di Teuco Guzzini, si è soffermato sull’italian lifestyle e sull’importanza dell’imprenditoria italiana, fondamentale produttrice e curatrice del bello. Presente anche il giornalista Jonh Waters, il quale si è detto convinto che in fondo l’Italia non sia un Paese povero come in tanti vogliono far credere. IlSussidiario.net ha rivolto qualche domanda proprio a Mauro Guzzini, Chief Product & Innovation Officer di Teuco Guzzini.
Il titolo dell’incontro era: “cosa piace dell’Italia nel mondo” e lei ha parlato di italian lifestyle, che cosa intende?
Dopo gli interventi molto interessanti che si sono succeduti in questo workshop nella mia sintesi ho cercato di spiegare e sottolineare cosa piace di fatto agli stranieri che comprano il nostro made in Italy. Vogliono comprare un pezzetto del nostro lifestyle.
Che significa bellezza, giusto?
E’ un modo di essere, una cultura radicata da secoli che sostanzialmente significa vivere circondati dal bello. Augusto Massari ha fatto esempi importanti di cosa gli imprenditori più ricchi della Cina fanno quando vengono in Italia.
Cosa fanno?
Comprano un castello, oppure comprano aziende per cercare di comprare a loro volta il nostro dna. Vogliono impossessarsi di quello che fa l’imprenditore made in Italy, che declina il nostro stile nei propri prodotti e lo fa con eleganza e stile.
E’ dunque questa la ricetta del made in Italy, eleganza e stile? E’ questo che cercano nella nostra capacità di creare dettagli?
Io penso che sia questa la ricetta. La capacità cioè tramandata da secoli, il saper fare le cose, essere creativi fino a volte apparire indisciplinati. Ciò che caratterizza questo stile è ad esempio l’imprenditore che crea insieme al designer cosa che difficilmente accade in aziende multinazionali molto organizzate dove magari c’è l’amministratore delegato che è lontano dal prodotto stesso. L’imprenditore di cui parlo io invece ha un contatto diretto con chi crea e inventa. Ecco allora che artigianalizzare nell’industria italiana si traduce in questa maniera.
E’ d’accordo che tante volte noi italiani siamo i primi a non credere nella nostra capacità di produrre bellezza?
Purtroppo è così. Noi italiani siamo un popolo di auto fustigatori, penso sia risaputo. A questa tavola rotonda era presente pure un giornalista irlandese, John Waters, che a conclusione ha detto una cosa interessante anche se sembrava una barzelletta.
Cosa ha detto?
Ci ha detto che se voi italiani non vi ribellate ai tedeschi Dio vi porterà il tempo irlandese, inteso meteorologicamente. Una cosa divertente, ma molto vera. In sostanza ha detto come noi italiani siamo una delle nazioni più creative del mondo e dunque dobbiamo smettere di fustigarci perché siamo unici in Europa. Da imprenditore sono però ottimista perché abbiamo molto da dare.
In questo senso, come va il mercato italiano? C’è ripresa, o vi affidate ancora per la maggiore all’estero?
E’ un mercato che va bene grazie all’estero come dice lei, ma in realtà abbiamo bisogno anche del mercato italiano. Penso in particolare al mio settore, Assobagno, dove dipendiamo ancora tantissimo dal mercato italiano che dà piccoli segnali ma è ancora molto debole.
C’è qualcosa che chiedete a questo governo in particolare per migliorare il settore?
Come FederlegnoArredo stiamo collaborando in senso propositivo con il governo tramite tavoli di lavoro. Facciamo pressioni e vediamo che qualcosa si è mosso, ad esempio la modifica della regolamentazione del contratto a termine ha già portato qualcosa di positivo. A livello di tassazione e di sburocratizzazione dei sistemi c’è invece ancora da fare.