Da quando la parola sostenibilità si è affacciata con insistenza nella vita di tutti noi, qualcosa, passo dopo passo, ha iniziato a cambiare. Ogni anno la proclamazione dei “super sector leaders” del Dow Jones Sustainability Indexes è visto come un momento di grande importanza per identificare le aziende migliori nel mondo.
Successo, uso intelligente delle risorse e riduzione degli sprechi hanno cominciato a viaggiare insieme. Ecco perché, in un panorama globale che si muove velocemente e in una direzione precisa, leggere la storia di Rossano Ercolini, maestro elementare di Capannori (Lucca), assume un valore anche per tutti noi. Rossano ha vinto nell’aprile dello scorso anno il Goldman Environmental Prize, ovvero il maggior riconoscimento mondiale sui temi della sostenibilità e dell’ambientalismo. Come ha fatto? Con la passione, ma soprattutto avendo ben in mente una strategia, condivisa anche dall’Unione Europea.
E cioè che, da un lato la scarsità di materie prime, dall’altro un aumento del fabbisogno di materie prime seconde del 75% nei prossimi 25 anni rendano necessaria la promozione dell’industria del riciclo per generare sia opportunità di lavoro che di impresa.
Ed ecco allora l’esempio del paese di Capannori che, grazie all’attività di Ercolini, ha desistito dalla creazione di un inceneritore vicino alla scuola e nel 2007 è diventato il primo luogo in Italia dove è stata adottata la strategia “Rifiuti Zero”. Come è stato possibile? Optando per la raccolta differenziata, responsabilizzando i cittadini, puntando sul recupero invece che sulla distruzione con la conseguente liberazione di diossina. Ora penserete che si tratti della solita perla isolata nel nostro Paese, dove più frequentemente la cronaca si occupa delle montagne di rifiuti di Napoli e dintorni. E invece vi sbagliate, perché leggendo le pagine di “Non bruciamo il futuro” che Rossano ha scritto per ripercorrere la propria esperienza, scopriamo un mondo diverso e un Italia diversa. A Scampia (Napoli), per esempio, si è già arrivati al 68% di raccolta della differenziata.
E gli esempi di città virtuose che si stanno muovendo con decisione verso il 75% che rappresenta oggi un livello di assoluto valore, sono diffuse tanto al Nord (Milano al 50% ed Empoli all’85%) che al Sud (Salerno al 70%) Italia a testimonianza che non esistono due velocità in questo settore nello stivale. “Quando viene realizzato con successo – ricorda Ercolini nel libro – il sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta, o quando vengono promosse le buone pratiche ambientali di riduzione dei rifiuti (…) non vince questa o quella fazione politica ma vincono l’intera comunità e la stessa possibilità di futuro”. E il decalogo che serve per raggiungere i risultati sperati è in realtà abbastanza semplice, come tutte le ricette vincenti.
Presa di coscienza, raccolta porta a porta, separazione di rifiuti organici e secchi, implementazione di una politica di riparazione e riutilizzo, bollette intelligenti che vanno a premiare, defiscalizzandoli, i comportamenti più virtuosi di privati e imprese, valorizzazione delle politiche locali, l’estensione delle responsabilità (dai privati alle industrie per abbattere il restante 25% spesso determinato da una non ottimale progettazione di imballi e materiali), l’adozione di esempi ideali (il cono gelato che alla fine ci mangiamo) e la costruzione di discariche pubbliche. Quello che piace di questa esperienza è l’atteggiamento non estremistico ed anzi l’apertura e la volontà di dialogare con le aziende (illuminante l’esempio delle cialde del caffè oggi così diffuse e che mescolano plastica/ metallo con l’umido) e di rendere questo processo non solo pulito, ma profittevole e fonte di nuovi posti di lavoro.
Un modo quindi per lasciare non solo un mondo migliore alle generazioni future, ma anche in salute economica. Una curiosità, per finire. Il nome del progetto Zero Waste, ci ricorda Ercolini nel libro, non è frutto di invenzione né del movimento Rifiuti Zero né della virtuosissima città di San Francisco, che già nel 2010 aveva raggiunto l’80% di recupero dei rifiuti. Lo ha inventato la Toyota. Già, la tanto vituperata industria automobilistica spesso additata superficialmente come la responsabile prima dell’inquinamento. E lo ha fatto proprio ragionando sui cicli produttivi e la loro efficienza ed economia. Un ciclo efficiente è infatti più pulito e di maggior profitto. La politica verde del futuro passa per questa strada, dopo aver fatto tappa anche a Capannori.