Dagli ultimi dati diffusi da Markit Economics emerge un peggioramento dell’indice Pmi relativo alle imprese italiane, che tra luglio e agosto scende da 51,9 a 49,8 punti. Non fa bene però neanche la Germania, il cui Pil nel secondo trimestre 2014 è sceso dello 0,2%. Intanto dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, arrivano critiche allo Sblocca Italia, in quanto “non sarà sufficiente per fare ripartire il Paese che è in una situazione drammatica”, e “il problema sarà ora la sostenibilità degli investimenti”. Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Preti, direttore del master “Piccole Imprese” della Sda Bocconi.



Professore, come commenta i dati negativi sulla manifattura italiana che emergono da Markit Economics?

Ciò che abbiamo sotto gli occhi è un’ondata negativa a livello europeo. La causa non ha quindi a che vedere con le dimensioni medie delle imprese italiane o con la tipologia della nostra economia. Pur senza toglierci alcuna responsabilità sulle mancate riforme, i dati equiparano la tendenza negativa di Italia e Germania. C’è un problema che va oltre il sistema politico italiano e la dimensione media delle aziende, ed è un fattore continentale.



Perché le prospettive di ripresa sono state gelate così in fretta?

Abbiamo cantato vittoria troppo presto. La ripresina del primo trimestre e la doccia fredda del secondo, ora addirittura la deflazione, ci fanno capire che abbiamo di fronte un messaggio forte soprattutto per la politica. Le imprese italiane stanno facendo da tempo ciò che possono fare. Di fronte a questi dati, che ci confermano che la crisi non è ancora finita, è la politica che deve rispondere anziché l’economia. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti, e questo è un problema non da poco.

A che cosa si riferisce quando dice che la politica non sta facendo la sua parte?



Mi riferisco al fatto che continuo a sentire solo degli annunci. Per esempio ai primi di luglio si era trovata una soluzione per gli esodati della scuola, poi si è fatto un passo indietro e l’argomento è uscito dallo stesso consiglio dei ministri del 29 agosto. Lo stesso Sblocca Italia documenta che si procede ancora troppo lentamente, e che ci sono troppi annunci e pochi fatti.

Che cosa ne pensa delle critiche rivolte allo Sblocca Italia da Squinzi, cui Delrio ha risposto “stiamo disincagliando la nave”?

Pur con le riserve che ho spiegato prima, ha comunque ragione Delrio. Come presidente di Confindustria, Squinzi non sta riuscendo a essere incisivo come nella sua vita personale e aziendale. E’ un dato di fatto confermato anche da quest’ultima presa di posizione sullo Sblocca Italia. Il decreto è soltanto una goccia nel mare, ma è comunque meglio di niente. E’ giusto incoraggiare il governo a premere sull’acceleratore, ma sbaglia Squinzi quando dice che lo Sblocca Italia “non sarà sufficiente a fare ripartire il Paese”.

 

Che cosa dovrebbe fare Squinzi in quanto presidente di Confindustria?

Un presidente di Confindustria può incidere o perché porta idee nuove, oppure perché diventa il “vessillifero” del mondo industriale, in quanto è capace di tracciare la linea, di imprimere la giusta direzione, di essere carismatico e riconosciuto da tutti. La capacità di un leader si misura anche dalla capacità, attraverso i suoi manager e addetti all’ufficio studi, di portare anche delle proposte concrete. E’ su questi fronti che Squinzi è mancato in questi tre anni di presidenza. E’ anche difficile ricordarsi una battaglia concreta che Confindustria si è intestata attraverso il suo attuale presidente.

 

(Pietro Vernizzi)