Da domani fino al 4 ottobre, a Fieramilano si terrà Bi.Mu/Sfortec, biennale internazionale della macchina utensile. Non si tratta solo di un evento per “addetti ai lavori”: i costruttori di macchine utensili, robot, automazione e tecnologie ausiliari riuniti in Ucimu-Sistemi per produrre (che promuove Bi.Mu/Sfortec insieme a Efim-Ente fiere italiane macchine), infatti, contribuiscono al Pil nazionale per 7,2 miliardi euro e i timidi segnali di ripresa del settore contribuiscono a far sperare l’economia italiana. È anche per questo che il professor Alberto Quadrio Curzio, noto economista e preside di Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano, definisce Bi.Mu «un’evidenza delle eccellenze italiane in settori ad altissima sofisticazione tecnologica».
Perché, secondo lei, questo evento è così importante?
Quando si afferma che la manifattura italiana non è innovativa, vuol dire che si conoscono ben poco questi settori e anche la capacita e la passione degli imprenditori di guardare al futuro, ai mercati internazionali, ai competitori (in particolare, la Germania) che hanno tra l’altro dei vantaggi “ambientali” (minori tasse, norme più semplici, sostegni all’export) ben diversi dai nostri. Bisognerebbe che la nostra stampa nazionale ben poco attenta (con qualche eccezione) alle eccellenze italiane rendesse note queste al grande pubblico, anche per incentivare i giovani a una formazione tecnica come accade in Germania. Paese dal quale abbiamo non poco da imparare e che molto apprezza le nostre macchine utensili e tutta la nostra manifattura.
Il settore delle macchine utensili è appunto importante per l’intera economia: come sta andando?
Con luci e ombre. L’export continua a reggere malgrado il rallentamento dell’economia europea, la crisi russa, l’euro troppo forte e la situazione di quasi deflazione-stagnazione in cui tutta l’eurozona si è cacciata a causa delle sue politiche fiscali restrittive. Speriamo adesso che il progetto del neo Presidente della Commissione europea per investimenti di 300 miliardi, specie in infrastrutture, decolli. I progetti delle grandi reti europee dovrebbero essere di ben maggiori dimensioni, ma se si comincia subito ci si deve accontentare.
Ha detto dell’export. La situazione del mercato interno, invece, com’è?
La domanda interna soffre perché il nostro Paese anche quest’anno avrà un calo del Pil. Tuttavia il Governo Renzi sta cercando di smuovere la situazione anche con lo “sblocca-Italia”. Speriamo che ci riesca. L’Italia ha settori forti che vanno privilegiati e settori deboli che vanno ristrutturati. In entrambi i casi ci vuole una politica industriale che favorisca la tecnoscienza e l’innovazione.
A questo proposito quest’anno, dopo una pressante richiesta, è stata finalmente introdotta la Sabatini-bis, che ha garantito un credito d’imposta per le imprese che effettuano investimenti in macchinari. Che effetti ha avuto e quanto è stata importante questa norma?
È stata molto importante, anche se gli effetti pieni si potranno valutare nel 2015. La sua rilevanza è grande anche perché rilancia gli investimenti che sono la grandezza cruciale per la ripresa. Alla fine sarà anche un intervento che si ripaga in virtù dell’aumento di produzione e fatturato.
Ucimu-Sistemi per produrre si sta battendo per l’adozione di un incentivo alla sostituzione dei macchinari obsoleti non solo su base nazionale ma europea. Cosa pensa di un provvedimento del genere?
Proprio per quanto detto sulla Sabatini-bis, una misura allargata come quella alla quale si riferisce lei, e cioè la sostituzione dei macchinari obsoleti, sarebbe cruciale. Contribuirebbe al raggiungimento dell’obiettivo del 20% dell’industria sul Pil dell’Unione europea, all’aumento di produttività, al miglioramento delle qualificazioni professionali. Purtroppo l’Ue e l’Uem hanno assunto una posizione dominata dal “fiscal compact” che dovrebbe essere bilanciata da quella dello “industrial compact”, sul quale mi sono spesso espresso a favore e che ha trovato tanti sostegni a cominciare da quello del presidente di Confindustria Squinzi. La forza vera dell’Europa sta nella sua industria ed è per questo che l’Italia deve continuare a insistere su politiche industriali che andranno prima o poi adottate.