Migliora la fiducia di consumatori e imprese italiane. L’indice Istat relativo ai consumatori è passato dal 99,9 di dicembre al 104 di gennaio (su un valore base 2005=100), mentre quello delle imprese è cresciuto dall’87,6 al 91,6. Dati positivi sono stati diffusi ieri anche da Prometeia, secondo cui nel corso dell’anno assisteremo a una crescita del Pil dello 0,7%, e dopo la crescita tendenziale negativa dell’ultimo trimestre del 2014 (-0,4%) si invertirà la tendenza raggiungendo il +1,3% nell’ultimo trimestre 2015. Nei giorni scorsi previsioni positive sul Pil italiano erano state diffuse anche da Confindustria e Banca d’Italia. Ne abbiamo parlato con Leonardo Becchetti, professore di Economia Politica all’Università Tor Vergata di Roma.



I dati sulla fiducia di imprese e consumatori solo il segno del fatto che il 2015 sarà l’anno della svolta?

Il calo del prezzo del petrolio, la svalutazione del cambio e il Quantitative easing sono tre elementi decisivi per la ripresa. Vorrei ricordarlo a quanti dicevano che i problema era la spending review o la mancanza del rigore. Il vero problema è invece la macroeconomia.



In che senso?

Sette anni fa gli Stati Uniti hanno preso la direzione giusta, che era quella di rispondere con una politica monetaria e fiscale espansiva a una crisi finanziaria che stava distruggendo la domanda di beni. L’Europa, invece, per sette anni non ha fatto nulla di tutto ciò. Nel momento in cui ci siamo trovati nelle condizioni per farlo, la prospettiva è cambiata come d’incanto. L’unico fattore in più che si è aggiunto è il calo del prezzo del petrolio, e l’insieme di questi tre elementi ha completamente cambiato il quadro. Chi per così tanto tempo ha parlato d’altro dovrebbe porsi qualche domanda.



Queste previsioni e aspettative saranno confermate dai fatti?

Le previsioni potranno essere ritoccate, in quanto ci può essere un errore dello 0,5% o di un punto percentuale, ma la direzione è chiara. Gli scenari possono cambiare e possono verificarsi dei nuovi fatti, ma al momento queste sono le previsioni più accreditate. Non mi sembra che in passato Confindustria sia stata tenera verso la situazione del Paese, e non può essere accusata quindi di fare previsioni troppo “buoniste”.

Perché la fiducia delle imprese di servizi e costruzioni aumenta, mentre quella di manifattura e commercio al dettaglio diminuisce leggermente?

Manifattura e commercio al dettaglio sono i settori più difficili. La manifattura risente della concorrenza globale che è sempre più dura, mentre il commercio al dettaglio ripartirà insieme alla domanda. Finora gli italiani hanno tesaurizzato quel poco che c’era, cercando di aumentare i risparmi per il timore degli orizzonti futuri. La domanda di beni al consumo non è ancora ripartita con decisione, e quindi i negozi al dettaglio sono ancora in difficoltà. Anche perché come dicevo sono settori nei quali in questo momento c’è una notevole concorrenza.

 

La fiducia dei consumatori e delle imprese aumenta rispettivamente del 4,1% e del 4%. Significa che vanno in parallelo?

Non si può fare un parallelismo così stretto. Quello che è certo è il grande fattore di svolta: con l’annuncio del Quantitative easing per la prima volta abbiamo visto un’Europa che fa la media degli interessi dei paesi e che non fa solamente quelli di uno Stato egemone. È stata questa la grande novità. Ciò ha dato un segnale di fiducia a tutti anche per il futuro, ma soprattutto ha influenzato cambio e Quantitative easing. È ciò che chiedevamo con l’appello dei 350 (“Una Bretton Woods per la crescita”) che avevamo presentato due mesi prima. Negli ultimi mesi ho detto più volte che è inutile perdersi nelle minuzie di bilancio e spending review, in quanto il grosso del cambiamento verrà quando cambierà l’Europa. E le cose stanno andando esattamente così.

 

(Pietro Vernizzi)