Euro ai minimi rispetto al dollaro. Ieri, dopo avere toccato l’1,196, la moneta unica europea è crollata nuovamente a 1,188. L’euro è debole dalla scorsa settimana, cioè da quando Mario Draghi, presidente della Bce, ha promesso nuovi interventi per salvare i paesi Ue dalla stagnazione. Per Mario Seminerio, «l’euro debole comporta un mix di conseguenze molto complesso, tale per cui è difficile prevedere se l’effetto complessivo sulle nostre esportazioni sarà o meno positivo».
Quali sono le cause dell’indebolimento dell’euro rispetto al dollaro?
La causa principale è una divergenza di politica monetaria tra Europa e Stati Uniti. L’economia statunitense va bene e ci si attende che si inizieranno ad alzare i tassi ufficiali d’interesse già da giugno di quest’anno, mentre per contro la Bce si accinge a mettere mano a ulteriori misure di allentamento monetario. Il diverso potenziale di crescita e il diverso posizionamento nel ciclo della politica monetaria ha fatto sì che già da molti mesi sui mercati si tenda a comprare dollari e a vendere euro. Non dimentichiamo che la Bce ha introdotto per la prima volta un tasso negativo sui depositi che le banche detengono presso la stessa banca centrale, e questo è uno strumento fondamentale per indebolire il cambio.
Quindi l’indebolimento dell’euro sul dollaro è la conseguenza del mix delle politiche di Fed e Bce?
Di fatto sì, ma alla base la motivazione fondamentale è che gli Stati Uniti crescono in modo convinto e convincente, mentre l’Eurozona continua a non crescere e a stagnare in modo problematico. Da qui conseguono poi la differente impostazione di politica monetaria e le attese dei mercati.
Quali possono essere le conseguenze del cambio debole per l’economia italiana?
L’indebolimento dell’euro avrà come conseguenza un miglioramento dell’export. Peraltro non ci sarà neppure il problema di importare inflazione attraverso le materie prime, perché il prezzo di queste ultime in dollari sta crollando, soprattutto per quanto riguarda il petrolio. Di conseguenza una volta che noi convertiamo in euro il prezzo in dollari delle materie prime abbiamo uno sconto. Anzi una maggiore pressione inflazionistica ci avrebbe aiutato.
Quindi dobbiamo aspettarci solo effetti positivi?
Purtroppo no. Tutti i Paesi emergenti, che di solito sono compratori di prodotti italiani, proprio a seguito dell’apprezzamento del dollaro hanno subito un fortissimo deprezzamento delle loro valute. Ciò indica che questi Paesi avranno una minore capacità di acquistare dall’estero, e quindi questo potrebbe per certi aspetti danneggiare il nostro export. L’effetto finale del cambio debole sulle nostre esportazioni lo scopriremo solamente tra qualche mese, al netto sia del rafforzamento del dollaro che del fortissimo indebolimento delle valute dei Paesi emergenti.
Ci sarà un problema anche per quei Paesi emergenti che si sono indebitati in dollari convinti che i tassi sarebbero rimasti a zero e che ora si trovano a pagare di più?
Questo è un altro dei grossi rischi del 2015, proprio perché molte aziende dei Paesi emergenti hanno scommesso sul fatto che le loro valute locali avrebbero continuato a rivalutarsi rispetto al dollaro. Hanno quindi ritenuto possibile indebitarsi in dollari e pagare meno nella loro valuta nazionale. In realtà è successo il contrario e ciò rappresenta un grosso problema, perché il livello di aumento dell’onere del servizio del debito in dollari per le aziende dei Paesi emergenti rischia di creare dei dissesti molto gravi.
(Pietro Vernizzi)