“La fiducia dei consumatori non è mai stata così alta dal marzo 2002, mentre quella delle imprese è ai massimi dal novembre 2007”. Lo sottolinea il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, commentando gli ultimi dati Istat secondo cui tra settembre e ottobre l’indice sulla fiducia dei consumatori cresce da 113 a 116,9 e quella delle imprese aumenta da 106,1 a 107,5. Nel frattempo Ignazio Visco ha detto che per Bankitalia il Pil nel 2015 potrebbe sfiorare il +1%. Per il professor Fortis, “ovviamente i livelli occupazionali del 2008 sono ancora lontani, in quanto la grave crisi che ha colpito l’edilizia trascina al ribasso l’intero dato aggregato. Anche se nel settore dei servizi i posti di lavoro oggi hanno già superato il dato di sette anni fa”.
Professore, i dati Istat indicano un cambiamento momentaneo o duraturo nelle aspettative di consumatori e imprese?
Il fatto più interessante è che non si tratta di exploit isolati, ma che tanto per i consumatori quanto per le imprese c’è un trend in costante ascesa che dalla fine del 2014 a oggi è stato particolarmente dinamico. La fiducia dei consumatori non è mai stata così alta dal marzo 2002, mentre quella delle imprese è ai massimi dal novembre 2007.
Da che cosa sono determinate queste attese positive?
All’origine c’è il miglioramento sia della situazione dell’occupazione sia del clima economico generale, con una ripresa di tutti gli indicatori: Pil, produzione industriale e investimenti. Riflettono quindi un clima abbastanza in controtendenza, perché qualche giorno fa sono usciti gli indici flash di imprese e consumatori della zona euro che invece sono in costante diminuzione dall’inizio del 2015.
In che modo è possibile trasformare l’aumento della fiducia in una crescita dell’economia reale?
I due fenomeni sono interrelati e si autoalimentano. Più migliora l’economia e più migliora la fiducia, e viceversa. Man mano che si sono accumulati i mattoncini della ripresa, sono iniziati ad arrivare anche i risultati dell’economia reale.
Quanto ci vorrà per raggiungere i livelli economici pre-crisi?
I livelli economici pre-crisi vanno sempre interpretati con grande cautela, perché negli indicatori di sette-otto anni fa ci sono punte che quando subentrano crisi strutturali poi non sono più raggiunte. Mi riferisco per esempio ai consumi di elettrodomestici e automobili. Non tutto può tornare a essere come prima, e perché l’economia nel suo insieme possa raggiungere i livelli precedenti occorre una completa sincronizzazione di fattori positivi che predominino su quelli negativi o su quelli che hanno subito delle crisi strutturali.
Qual è l’andamento per quanto riguarda invece la disoccupazione?
Per quanto riguarda le attese sulla disoccupazione, dal 2009 al 2013 c’è stata una fortissima percentuale di attese negative. Poi c’è stato un miglioramento temporaneo nel corso del 2014, con il trend che si è ripreso ma non ha riguadagnato livelli positivi. Infine nel 2015 c’è stato un ulteriore miglioramento, anche per merito della decontribuzione, e da quando c’è stato il Jobs Act siamo ritornati in territorio positivo. Oggi sono prevalenti quanti pensano che non ci siano delle attese di disoccupazione, rispetto a quanti pensano invece che ci sarà un ulteriore aumento.
Migliorano le aspettative, ma i dati reali quali sono?
Ovviamente i livelli occupazionali del 2008 sono ancora lontani. Prima della crisi avevamo un livello di disoccupazione inferiore addirittura a quello della Germania, mentre oggi l’obiettivo è scendere stabilmente sotto al 12% ma è chiaro che c’è stata di mezzo una recessione molto forte.
Quali sono stati i settori più colpiti?
La crisi del 2009-2010 ha colpito soprattutto l’industria manifatturiera esportatrice e soprattutto l’edilizia. Recuperare i livelli occupazionali pre-crisi nell’edilizia non sarà facile, anche perché questo settore era già in forte crisi prima del 2008. E’ proprio quest’ultimo a influenzare negativamente il dato aggregato. Al contrario i posti di lavoro nei servizi oggi sono già ampiamente al di sopra rispetto al 2008. Anche da questa situazione così diversa da settore a settore si comprende che è molto difficile dire quanto tempo ci vorrà per riagganciare i livelli pre-crisi.
(Pietro Vernizzi)