E’ trascorso appena un quindicennio da quando Ucimu-Sistemi per produrre – l’associazione dei produttori italiani di macchine utensili – pubblicava “Verde reseda”: un volume che già nel titolo dipingeva, letteralmente, l’affresco dell’epoca eroica del settore. Furono gli anni che – a partire dal 1945, quando anche Ucimu si fondò nella nuova Italia – videro migliaia e migliaia di torni, in centinaia di piccole aziende pionieristiche, muovere la ricostruzione e il boom dell’Azienda-Paese; alimentarne l’export e inventarne l’eccellenza tecnologica, gettando le basi di una competitività internazionale dell’industria italiana.
Dal giro di boa del millennio – nota Luca Orlando nell’introduzione di “La fabbrica delle macchine” (Ucimu-Guerini, 2015), scritto per i 70 anni dell’Ucimu – il ritmo e la direzione del cambiamento sono diventati più accelerati e complessi. “Il mondo stabile del passato per le imprese non esiste più” sottolinea Orlando, inviato del Sole-24 Ore. “Nelle gare di offerta i produttori di macchine utensili non combattono più solo con tedeschi e giapponesi ma devono iniziare a fare i conti anche con Cina e Corea del Sud. All’export dietro casa, in Germania e Francia, si affianca la vendita in mercati più remoti geograficamente e culturalmente. E sono questi ultimi ad esprimere i tassi di crescita maggiori, costringendo le imprese italiane, per lo più pmi a gestione familiare, a iniziare a interrogarsi sui propri assetti, sulle proprie dimensioni, sulle capacità competitive alla luce del nuovo ordine globale. I flussi commerciali seguono questa corrente, con un export italiano verso l’Europa cresciuto in quindici anni di un terzo, a fronte di un ben più rotondo raddoppio per le vendite nei mercati extra-ue, addirittura di un balzo di quattro volte per il valore del made in Italy diretto a Pechino”.
Questa svolta epocale si è dipanata mentre l’intera economia globale veniva scossa dalla grande crisi finanziaria che in Europa – e in Italia in particolare – ha avuto come ripercussione una pesante recessione: sfociata in una contrazione senza precedenti del giro d’affari per le macchine utensili italiane. Soltanto nel 2015 – come ha annunciato recentemente il presidente dell’Ucimu, Luigi Galdabini, il settore può dire di veramente superare una fase horribilis, culminata nel 2013.
Per capire come i produttori italiani di sistemi per produrre hanno affrontato – con successo – una sfida così diversa da quella vinta dai loro genitori e nonni nel mezzo secolo del dopoguerra, Orlando ha compiuto un viaggio di tremila chilometri lungo la penisola: fra le Prealpi e il Nord-est, le colline dall’astigiano e le risaie di Pavia, sulle sponde del lago Maggiore,lungo la via Emilia. E poi a Torino, Trento, Brescia. A Milano e nella sua cintura produttiva. Fra cognomi storici e sigle di nuova generazione. Ancora con moltissima economia reale, ma senza dimenticare la finanziarizzazione dell’ultimo quarto di secolo. Un cammino – quello di “La fabbrica delle macchine” – accompagnato dai giudizi di economisti come Gian Maria Gros-Pietro o Giorgio Vittadini.
“Al mondo esistono solo cinque paesi il cui surplus manifatturiero è superiore ai 100 miliardi di dollari e l’Italia fa ancora parte del «club»” annota l’autore. “Il risultato è costruito attraverso un ampio ventaglio di produzioni in cui riusciamo spesso a primeggiare. Osservando infatti la performance dell’avanzo commerciale (indice Fortis-Corradini) si possono trovare quasi mille prodotti in cui l’Italia occupa uno dei primi tre posti assoluti, con 235 posizioni da «medaglia d’oro». Nei macchinari, in particolare, siamo secondi solo alla Germania, con la Cina ancora relegata al quinto posto. Cinesi che certamente avanzano, e che pure scontano ritardi notevoli rispetto ai nostri costruttori di macchine utensili, sia dal punto di vista tecnico che commerciale. Chiunque abbia frequentato una qualsiasi fiera internazionale si sarà reso conto del divario abissale esistente tra i due paesi nella presentazione del prodotto e nella capacità di comunicare qualità, efficienza, performance. Dal lato tecnico, il fatto stesso che i cinesi siano in scouting quasi continuo in Italia alla ricerca di occasioni d’acquisto dimostra la necessità per Pechino di superare un gap tecnologico e progettuale ancora ampio. Un vantaggio da non disperdere, anzi da accudire e coltivare con cura alla luce di un ambiente competitivo che per i nostri costruttori si è comunque fatto con il passare degli anni più complesso ed erratico”.
Il volume “La fabbrica delle macchine” viene presentato martedì 17 a Villa Erba di Cernobbio in occasione della celebrazione ufficiale dei 70 anni dell’Ucimu.