Cresce l’indice di fiducia dei consumatori italiani, passando dal 117 di ottobre al 118,4 di novembre. Lo certifica l’Istat, secondo cui la fiducia delle imprese registra invece una variazione minima (da 107 a 107,1). L’istituto di statistica sottolinea però con un nota bene che “gli indicatori prodotti risentono solo in minima parte dei fatti eccezionalmente gravi avvenuti intorno alla metà del mese, in quanto il periodo di rilevazione dei dati è concentrato nei primi 15 giorni”. Lo stesso Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha commentato: “La paura del terrorismo pesa sull’economia globale e anche quella italiana ne risentirà”. Mentre per il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison e consulente del governo, «il dato sulla fiducia dei consumatori è molto positivo e nello stesso tempo la domanda interna è ripartita. È questo il fattore su cui dobbiamo concentrare di più l’attenzione anche in termini di politica economica».



Professore, la fiducia rilevata prima degli attentati è aumentata, ma ora che cosa dobbiamo attenderci?

Distinguerei le due cose. Il terrorismo inquieta, ed è del tutto naturale che sia così, anche se in Italia c’è una maggiore capacità di tenuta del clima di fiducia rispetto ad altri Paesi. Francia e Belgio sono stati direttamente colpiti dagli attentati, ma soprattutto la popolazione più direttamente coinvolta da questa preoccupazione è fortemente concentrata nelle grandi megalopoli in quanto Parigi e Bruxelles rappresentano la maggior parte dei due Paesi. Resta il fatto che prima che si sviluppassero queste problematiche legate al terrorismo, la fiducia dei consumatori era arrivata al massimo. Il valore di 118,4 raggiunto a novembre è il più alto che ci sia mai stato da quando esistono le serie storiche.



Quindi a partire da quando?

Le serie storiche partono dal 1995, e negli ultimi 20 anni non era mai stata toccata una soglia così alta come quella di novembre.

Come valuta invece il dato sulla fiducia delle imprese?

La fiducia delle imprese si rafforza nonostante un breve indebolimento della fiducia nel settore manifatturiero. Quest’ultimo è in calo per il rallentamento dell’export dovuto alla crisi dei Paesi emergenti quali Cina, Brasile e Russia.

Nel complesso qual è la fotografia che esce dai dati Istat?

La fotografia precedente agli attentati di Parigi è quella di un’economia che ha rinsaldato la fiducia in un modo senza precedenti, soprattutto alla luce di quanto era avvenuto durante questa lunga crisi che aveva depresso l’umore generale. Lo ritengo un risultato positivo perché documenta che dopo i dati molto promettenti di ottobre, anche a novembre siamo andati a vele spiegate.



L’economia italiana può continuare ad andare bene nel momento in cui quella internazionale rallenta?

È chiaro che se ci fosse un’implosione totale dell’economia internazionale, le esportazioni delle imprese italiane ne risentirebbero. A fare crescere il Pil non sono però le esportazioni in quanto tali, ma piuttosto la bilancia commerciale cioè la differenza tra export e import. Quando la bilancia commerciale di un Paese peggiora, il contributo al Pil diventa negativo. L’Italia ha una bilancia commerciale dei pagamenti che è positiva, e che rimarrà tale chissà per chissà quanti anni.

 

Com’è la situazione per quanto riguarda la domanda interna?

La domanda interna è ripartita, ed è su questo il fattore che dobbiamo concentrare di più l’attenzione anche in termini di politica economica. Ciò significa che i consumi, anche se lentamente, continuano a riprendersi. La vera questione è se la domanda interna si lascerà “irretire” dalla psicosi del terrorismo o da una perdita di fiducia generalizzata. Personalmente mi aspetto che ciò non avvenga, perché non ci sono ragioni che fanno sì che il clima di fiducia debba cambiare di colpo.

 

Le misure economiche del governo possono aiutare le imprese a ripartire?

Il governo ha varato il cosiddetto “super-ammortamento”, cioè la deducibilità degli investimenti in macchine utensili. Se questa norma produrrà i risultati che tutti si attendono, ritengo più che possibile un primo trimestre 2016 di sostanziale tenuta nonostante il peggioramento del clima internazionale. Ciò varrà soprattutto per i produttori di macchine industriali e per le imprese che stanno aspettando l’1 gennaio per partire con gli investimenti. Nel frattempo l’1 dicembre sapremo se l’Istat convaliderà o ritoccherà la crescita dello 0,2% nel terzo trimestre.

 

(Pietro Vernizzi)