“Non possiamo accontentarci di un refolo di ripresa. Il governo italiano potrà dire di avere fatto abbastanza solo quanto la nostra crescita sarà pari alla media dell’Eurozona. Quest’ultima però al momento è stimata al +1,4% entro la fine dell’anno, mentre le stime più ottimistiche per l’Italia parlano del +1%”. Lo sottolinea Nicola Rossi, docente di Analisi economica all’Università Tor Vergata di Roma ed ex deputato prima del Pd e poi del Gruppo Misto. Dopo i dati positivi su disoccupazione, Pil e fiducia di consumatori e imprese, anche l’Indice manifatturiero Pmi di Markit ha premiato l’Italia, salendo da 52,7 a 54,1 punti da settembre a ottobre.



Professore, significa che le politiche economiche del governo stanno funzionando?

Sono le politiche economiche impostate a livello europeo dalla Bce che stanno producendo un impatto, e i benefici si sentono anche in Italia. Non intendo assolutamente negare l’utilità delle politiche economiche del governo. Per capire fino a che punto queste siano però decisive, bisogna sempre confrontare ciò che accade in Italia e altrove in Europa.



Quanto incide il resto dell’Eurozona sulla situazione italiana?

Nel Vecchio Continente c’è una fase di ripresa e in Italia questo si percepisce di più, perché fino all’anno scorso eravamo ancora con il segno meno mentre già altri Paesi avevano il segno più. Oggi quindi noi avvertiamo di più questa inversione di tendenza, ma stiamo semplicemente riguadagnando lo spazio che avevamo perduto in Europa. Potremo essere particolarmente lieti delle scelte di politica economica del governo nel momento in cui avremo fatto più e meglio dell’Europa.

Il confronto è favorevole o sfavorevole all’Italia?



Allo stato attuale siamo ancora sotto la media europea. Le previsioni di crescita dell’Eurozona per l’anno 2015 sono dell’1,4%, mentre l’Italia, anche stando alle stime più ottimistiche elaborate da Bankitalia, è all’1%. Questa differenza dello 0,4% deve preoccuparci. Ma il dato che dovrebbe farci riflettere ancora di più è che in Italia gli effetti positivi delle riforme sul mercato del lavoro si vedono solo ancora parzialmente. La disoccupazione è in calo, ma il numero degli attivi rimane invariato e gli occupati crescono in misura limitata.

Eppure nel secondo trimestre 2015 il Pil italiano è cresciuto dello 0,3%, contro lo 0,2% della Spagna, lo 0,1% della Germania, mentre Francia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca e Irlanda sono rimasti a zero +…

Ritengo che i confronti vadano fatti su un periodo più lungo, perché l’andamento dei singoli può essere influenzato da numerosi elementi. Considero quindi rilevante o il confronto tra un trimestre e lo stesso periodo dell’anno precedente, oppure anno su anno. L’1% previsto da Bankitalia per il 2015 è certamente un passo avanti molto rilevante rispetto all’anno scorso, quando l’Italia aveva ancora il segno meno e gli altri avevano già il segno più. Starei però molto attento a un fattore che in pochi considerano…

Quale?

Quando le cose incominciano ad andare bene, di solito l’Italia tende a fermarsi. Ritengo invece che questo sia il momento in cui bisogna spingere il governo e l’intera nazione a capire che c’è ancora molto da recuperare. Altrimenti finiremo come abbiamo fatto altre volte per accontentarci di un refolo di ripresa e a non renderci conto che questo è solo l’inizio di quanto dovrebbe accadere.

 

Nella media dell’Eurozona però ci sono anche i Paesi più ricchi del Nord Europa …

Noi siamo in un’area economica con una moneta comune, e il confronto va fatto con l’intera Eurozona. È quella la nostra area di riferimento, e non dei singoli Paesi al suo interno. Noi non possiamo fare meno della media dell’Eurozona.

 

Si può dire quantomeno che la politica del governo non sta ostacolando la ripresa?

Stiamo recuperando in fretta, ma c’è ancora tanta strada da fare e non possiamo considerarci soddisfatti di questi risultati. Dal momento che l’economia italiana è altamente integrata nell’Eurozona, va da sé che ciò che accade nel nostro Paese è innanzitutto la conseguenza di ciò che accade intorno a noi.

 

(Pietro Vernizzi)