Tanta, forse troppa grazia. Piovono sull’economia italiana elogi e previsioni che non si vedevano da anni, o anche più. Sia la Commissione europea che l’Istat hanno promosso lo scenario delineato dal ministro Padoan per il 2015 e il 2016, una sorta di benedizione per la manovra finanziaria presentata dall’esecutivo e al vaglio del Parlamento. “La ripresa in Italia è sempre più autosufficiente e meno dipendente da fattori temporanei come indebolimento dell’euro, calo dei prezzi petroliferi e allentamento della politica monetaria della Bce”, ha affermato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, secondo cui “vi sono comunque i margini per un ulteriore miglioramento”.



Secondo l’Ue, la crescita del Pil nel 2016 in Italia sarà dell’1,5% (contro lo 0,9% nel 2015) e nel 2017 dell’1,4%. Il governo, dal canto suo, stima un Pil in crescita dell’1,6% nel 2015. Si correggono così leggermente al rialzo le previsioni di maggio, quando Bruxelles indicava per il 2016 +1,4%. La ripresa economica in Italia si sta rafforzando e la crescita aumenterà nel 2016 e nel 2017 con i prezzi del petrolio che rimangono bassi e la domanda interna “in miglioramento”, in grado di “guidare” l’aumento del Pil il prossimo anno.



A far da traino alla crescita ci sono i fattori ormai consolidati: basso costo del denaro, petrolio ai minimi, tendenza al ribasso dell’euro sul dollaro. Ma a sostenere la congiuntura ci penserà anche la ripresa dei consumi interni. La domanda interna al netto delle scorte, sostiene l’Istat, contribuirà positivamente alla variazione del Pil per 0,7 punti percentuali, mentre la domanda estera netta sottrarrà un decimo di punto percentuale all’espansione del prodotto. Un trend già in atto, a leggere la nota dell’istituto: “La maggiore vivacità del commercio estero e in particolare delle importazioni, ha portato a una revisione al ribasso del contributo della domanda estera pari a 0,5 punti percentuali. La domanda interna al netto delle scorte è stata invece rivista al rialzo per 0,4 punti percentuali a seguito del miglioramento della dinamica dei consumi delle famiglie”. Oltre che dagli animal spirits delle imprese che, finalmente, mostrano segni di risveglio: “Nell’anno in corso è attesa la ripresa del processo di accumulazione del capitale (+1,1%), stimolata dal miglioramento delle condizioni di accesso al credito e dal rafforzamento delle attese sulla ripresa dell’attività produttiva. Gli investimenti registreranno un’accelerazione sia nel 2016 (+2,6%), anche per effetto delle misure di politica fiscale a favore delle imprese, sia nel 2017 (+3,0%). Migliorano anche, seppur di poco, i numeri del lavoro. La disoccupazione, dati Ue, scenderà in Italia sotto il 12% nel 2016 (contro la stima precedente del 12,4%). Più ottimista l’Istat (11,5% nel 2016).



Insomma, una cornice rosa, forse troppo. Ci ha pensato Mario Draghi, in occasione della prolusione per l’apertura dell’Anno Accademico alla Cattolica, a sottolineare i “gravi errori” che hanno fornito risposte incomplete alla recessione “nelle politiche economiche degli Stati nazionali”, ma anche “a causa di manchevolezze nell’architettura istituzionale europea”. Una situazione con le sue vittime: “Il numero inaccettabile dei disoccupati, tra cui molti, troppi sono giovani, è stato il prezzo pagato”.

E a proposito della politica monetaria, Draghi ha aggiunto: “È stata rivolta così tanta attenzione al nostro impegno per una moneta solida che, parafrasando Galbraith, si è pensato troppo poco ad altre cose”. È il momento propizio per “far decollare un nuovo patto per l’Europa”, senza troppi indugi: eventuali nuovi problemi nei mercati emergenti potrebbero rallentare il trend in futuro. Nel frattempo, assicura Draghi, il consiglio della Bce “si è impegnato a riesaminare il grado di accomodamento monetario nella prossima riunione di dicembre. Il programma attuato finora è stato senza dubbio efficace. Dobbiamo tuttavia valutare se, con l’indebolirsi dell’economia mondiale, esso sia anche efficace nel contrastare le spinte avverse che potrebbero ostacolare un ritorno alla stabilità dei prezzi nel medio termine”. “Qualora ci convincessimo del contrario esamineremo le modalità con cui intensificarlo per conseguire il nostro obiettivo”.

Insomma, il prossimo futuro è roseo, forse troppo. Nemmeno il rialzo dei tassi Usa, ormai alle porte, sembra in grado di danneggiare il trend in corso. Ora, però, l’azienda Italia è attesa alla prova degli investimenti e del grande tuffo nell’economia-mondo. Impresa non facile perché, nel frattempo, il Bel Paese perde altri pezzi: Ansaldo, Pirelli e, chissà, pure Telecom Italia.