A prima vista potrebbe sembrare un attentato alla riforma del Terzo Settore. Con la Legge di Stabilità, appena approvata, sono state riconosciute anche in Italia, dopo gli Stati Uniti, le cosiddette “Società Benefit” (SB) intese come imprese profit che esercitano un’attività economica, che dividono gli utili ma contemporaneamente conseguono uno o più benefici comuni. Con una gestione “responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse”. Questa la definizione scritta nell’emendamento che ricalca letteralmente la proposta di legge del senatore Pd Mauro Del Barba.



La Società Benefit è la denominazione dell’impresa sociale profit che dovrebbe integrare lo scopo di lucro e il beneficio comune. Ovviamente, mentre la riforma del Terzo Settore è bloccata in Senato da lungaggini di confronto fra diverse posizioni che rispecchiano i bizantinismi giuridici, questa concezione di impresa sociale profit è considerata un attentato al mainstreaming culturale dell’impresa sociale. Questo è il primo passo verso la concezione che tutte le imprese (non-profit e profit) possono essere sociali. La Società Benefit è una tipologia di impresa sociale profit che sancisce statutariamente l’obiettivo di avere un impatto positivo sull’ambiente e la società; la garanzia deriva da un report annuale pubblicato ogni anno in cui si descrivono e quantificano le performance ambientali e sociali. È impresa che integra la massimizzazione relativa del profitto con la massimizzazione relativa di obiettivi sociali. Ha una formula imprenditoriale orientata all’integrazione fra gli interessi degli shareholders e degli stakeholders della comunità di riferimento ove opera. Il tutto sottolineato dal dettato dello statuto.



Il fine è chiaramente anche quello di creare benessere sociale collettivo in termini d’impatto positivo. I dirigenti hanno gli stessi ruoli che nelle aziende tradizionali, ma sono anche tenuti a verificare che determinati standard siano rispettati e che l’azienda sia produttrice dell’impatto sociale materialmente positivo già citato. L’Amministrazione, infatti, deve prendere in considerazione l’effetto delle decisioni non solo sul patrimonio, ma anche sulle altre componenti aziendali interessate, come i lavoratori, la comunità e l’ambiente. Negli Usa oltre alle B-Corporation “ordinarie” (autodefinizione di B-Corporation) vi sono quelle “certificate”. Sono imprese sociali alle quali B-Lab, l’organizzazione non-profit che ha contribuito a sviluppare il modello legislativo della Benefit Corporation, ha rilasciato una certificazione che attesta il raggiungimento di livelli di performance sociale e ambientale notevoli e hanno accesso a un portafoglio di agevolazioni e servizi che le Benefit Corporation ordinarie non possono sfruttare.



Il primo stato americano a promulgare la legge di regolazione delle Benefit Corporation è stato il Maryland nell’aprile 2010, seguito poi da altri stati americani. Oggi, la Benefit Corporation è una forma aziendale legalmente riconosciuta in 17 stati. Il B-Lab ha ideato anche uno standard di certificazione che permette già oggi, alle imprese che dimostrano di raggiungere un certo livello di prestazioni ambientali e sociali di tutti gli Stati, di accreditarsi come “Certified B Corp”. Sono 794 le aziende made in Usa che hanno ottenuto lo status di Certified B Corporation. Spesso confuse con le Benefit Corporations, le imprese sociali statunitensi, con cui dividono l’abbreviativo B-Corp, le Certified B Corporations non sono riconosciute legalmente come social business, anzi, sono società for-profit a tutti gli effetti, che hanno deciso di sottoporsi ad una rigorosa selezione, per verificare il proprio grado di sostenibilità, sociale e ambientale.

Tra le imprese più famose che hanno visto legittimato il proprio impatto positivo, e-commerce di prodotti artigianali Etsy, l’azienda di abbigliamento sportivo outdoor Patagonia, e quella di gelati Ben and Jerry, diventata la prima società controllata da una multinazionale (Unilever) a ottenere il certificato. “Creare una comunità di aziende certificate con il bollino B. Ciò significa dare al consumatore la possibilità di capire la differenza tra le aziende davvero virtuose e quelle che fanno marketing tramite greenwashing“.

Oltre alla B Corporation, negli Stati Uniti esiste anche la Low Profit Limited-Liability (LC3), che offre la possibilità di raccogliere fondi per fini sociali, senza alcun profitto, o con un profitto limitato. In California, oltre alla B Corp, è stato invece approvata la “Flexible Purpose Company”, che permette all’azienda di adottare un fine sociale e ambientale specifico, invece di quello più ampio contemplato dalla B Corp. Questa proposta di Società Benefit, se viene approvata, potrebbe dare una scossa al Terzo Settore che continua a perdere il treno dell’innovazione aziendale.