Nel quarto trimestre del 2014 il Pil italiano è rimasto invariato a livello congiunturale e ha segnato un -0,3% tendenziale. Giornali e tv nel dare la notizia hanno parlato di fine della recessione, anche se nello stesso periodo il dato (rispettivamente congiunturale e tendenziale) degli Stati Uniti è stato pari al +0,7% e +2,5%, quello del Regno Unito al +0,5% e +2,7% e quello della Germania al +0,3% e +1,4%. Ne abbiamo parlato con il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.



Il Pil ci dà due dati: uno congiunturale che resta invariato e uno tendenziale al -0,3%. Quale dei due dobbiamo guardare?

Dobbiamo guardare soprattutto al dato congiunturale, che opera un confronto rispetto al trimestre precedente, mentre quello tendenziale fa un paragone con lo stesso trimestre del 2013. Siccome la fine della recessione è caratterizzata statisticamente dalla fine della caduta, a contare è soprattutto la variazione rispetto al trimestre precedente anziché rispetto all’anno prima. Se il Pil del primo trimestre 2015 sarà invariato o positivo, potremo dire ufficialmente che l’Italia è fuori dalla recessione.



Lei che cosa si aspetta che accada nel 2015?

L’Istat ha già reso noto che nel primo trimestre 2015 ci sarà una crescita. A ottobre e novembre i dati della produzione industriale erano stati negativi, ma a dicembre si è registrato un forte recupero che dovrebbe essere confermato a gennaio. Ci troviamo quindi nel mezzo della svolta congiunturale.

Perché l’Italia non cresce come Inghilterra e Stati Uniti?

Il nostro problema rimane la dinamica della domanda interna. L’Istat segnala un progresso della domanda estera netta, e ciò vuol dire che c’è un calo dell’import e un aumento dell’export. La domanda interna ha continuato a rimanere bassa, soprattutto a livello di investimenti, e ha cominciato a migliorare solo nell’ultimo mese del 2014 e nei primi due del 2015.



Di quanto sono aumentati gli investimenti?

L’Ucimu ha registrato una crescita del 18% nella domanda di macchine utensili nell’ultimo trimestre dell’anno scorso. Per il 2015 dobbiamo quindi aspettarci un’inversione di marcia per quanto riguarda gli investimenti. Se a ciò aggiungiamo la dinamica dei consumi rilevata da diversi indicatori, come le vendite al dettaglio o gli indici della Confcommercio, che pur non essendo entusiasmanti hanno registrato una stabilizzazione, abbiamo una nuova conferma del fatto che stiamo proprio assistendo al momento della svolta.

Per rilanciare la domanda occorrono spending review e taglio delle tasse?

Mi aspetto due fasi. Il 2015 sarà caratterizzato dall’uscita dalla cappa di oppressione sulla domanda interna. Ci saranno sia fattori legati alle misure prese nel 2014, sia fattori esterni, che fanno sì che la gente abbia anche più soldi a disposizione per spendere. Al bonus da 80 euro si somma un risparmio sulla benzina pari ad altri 80 euro legato al basso prezzo del petrolio. C’è quindi un evidente progresso delle disponibilità di denaro che possono essere convogliate sulla spesa.

 

Questo miglioramento si rifletterà anche sull’occupazione?

Sì. Abbiamo già assistito a una stabilizzazione del tasso di disoccupazione e a un aumento dell’occupazione, da cui si comprende che aumenta anche il numero delle persone che cercano lavoro. Le nuove misure del governo Renzi fanno sì che aumenterà il numero di imprenditori che faranno assunzioni. Siamo in presenza di una serie di fatti concomitanti legati sia alle politiche del nostro consiglio dei ministri sia a fattori esterni quali petrolio, bassi tassi, Quantitative easing e a un miglioramento degli scambi intracomunitari. La stessa crescita del Pil tedesco comporta un miglioramento delle nostre esportazioni verso la Germania.

 

E la seconda fase?

A medio-lungo termine avremo dei vantaggi legati alla flessibilità Ue, in quanto l’Italia ha attuato proprio le riforme che ci chiedeva Bruxelles. A marzo quindi il nostro Paese riceverà il disco verde europeo sui conti pubblici. A quel punto il problema sarà come ristrutturare la bilancia dei conti pubblici, perché chiaramente per liberare risorse e per ridare spazio alla spesa dei consumatori bisognerà ridurre la spesa pubblica improduttiva e dare maggiori spazi di manovra alle famiglie e alle imprese.

 

Che cosa farà il governo Renzi?

È molto probabile che nel 2015 ci saranno una serie di misure di riforma che andranno a incidere in questa direzione. Non sarà però certo un processo che si realizzerà nell’arco di 12 mesi. L’intero impianto dei tagli di spesa pubblica del resto era di natura tecnico, ma poi occorrerà trovare delle soluzioni politiche.

 

(Pietro Vernizzi)