L’export italiano continua ad aumentare, segnando il +2,6%, mentre le importazioni diminuiscono dell’1,6%. Sono i dati Istat relativi a dicembre, basati su un confronto rispetto al mese precedente. Le vendite dei prodotti italiani verso i Paesi extra Ue crescono del 3,2%, quelli verso i Paesi Ue del 2,1%. Il calo delle importazioni riguarda invece solo i Paesi extra Ue, dove si registra un -3,7%. Ne abbiamo parlato con Ugo Arrigo, professore di Finanza pubblica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Quale tendenza indicano i dati Istat relativi al commercio con l’estero?
Questi dati confermano che c’è una tendenza di segno positivo per quanto riguarda quella parte di economia italiana che produce per i mercati globalizzati, e io mi aspetto che questa tendenza prosegua per il resto dell’anno. L’export italiano del resto stava andando bene anche prima, in quanto superato il biennio 2008-2009 non è più andato male.
La nuova situazione geopolitica in Libia e Ucraina quali effetti può determinare sull’export?
La crisi libica ci avrebbe creato delle serie difficoltà se non ci fosse stato un calo significativo del prezzo del petrolio. Con alti prezzi dell’energia, l’incertezza sul fronte libico ci avrebbe potuto creare qualche problema in più, ma per fortuna questo scenario non si è verificato. La crisi russo-ucraina invece può effettivamente creare molti più problemi alle nostre esportazioni.
Il fatto che l’import continui a diminuire è una conferma del basso livello della domanda interna?
Il segno meno relativo all’import è un’ulteriore conferma del fatto che i consumi italiani sono fermi. Ciò non senza palesi cambiamenti di prospettiva e di direzione. Il mercato dell’auto si sta in parte riprendendo, ma aveva già perso il 50% delle vendite. Gli italiani continuano a non consumare, anche se per fortuna il resto del mondo compra prodotti del nostro Paese. Non siamo però la Germania, che riesce ad andare avanti grazie a esportazioni su larga scala.
Ci sono gli spazi per riattivare la domanda interna nel corso del 2015?
È soprattutto un problema di aspettative. Perché mai la famiglia italiana tipo dovrebbe immaginare di poter spendere più soldi per i consumi? I fattori in gioco sono due: il primo è la probabilità che il proprio reddito aumenti, il secondo che le tasse calino. Anche questa seconda prospettiva però purtroppo non c’è. Se le tasse non calano e il reddito lordo non aumenta, l’italiano sa che in futuro nell’ipotesi più ottimistica potrà contare sugli stessi soldi che ha adesso. È chiaro a tutti quindi perché i suoi consumi non crescono, né lo faranno a breve.
Interventi sul modello del bonus da 80 euro possono rilanciare i consumi?
Il bonus da 80 euro non è stata una cattiva idea, ma si è tradotto soprattutto in maggiori risparmi. Gli italiani hanno intascato gli 80 euro, li hanno messi tutti in banca o sotto il materasso, perché prevedono delle incertezze per il futuro. L’idea è che oggi mi danno 80 euro, ma magari tra sei mesi se li riprendono indietro, e quindi è meglio tenerli sul conto corrente.
Quali consumi in particolare si sono ridotti?
In alcuni campi gli italiani hanno cambiato le loro abitudini passate. Prima avevano la passione per il mattone,e quindi se avevano un po’ di risparmi comperavano la casa in montagna o al mare. Adesso invece non lo fanno più in quanto l’abitazione è diventata un onere per via di tutte le tasse che è necessario pagare.
Anche l’automotive è un settore in crisi…
Proprio così. Le auto in passato rappresentavano un capitolo di spesa considerevole. Agli italiani piaceva cambiare spesso la macchina o averne diverse per ciascuna famiglia. Quest’abitudine è cambiata e oggi se potessero gli italiani farebbero anche a meno della macchina, non da ultimo per le tasse che occorre pagarci sopra. Le fonti di spesa più comuni in passato oggi hanno perso la loro valenza positiva.
Che cosa si può fare per invertire questa tendenza?
Ci vorrebbe una riduzione della parte pubblica dell’economia, per fare capire agli italiani che i servizi pubblici in futuro potranno essere prodotti a costi inferiori. Oppure che con la stessa spesa di oggi potranno essere prodotti servizi di qualità di livello superiore. È questo il vero elemento che potrebbe cambiare le cose.
Lei che cosa propone nello specifico?
Si potrebbero usare le scuole pubbliche per offrire dei corsi serali o pomeridiani agli adulti, su materie come lingue, storia o filosofia, ovviamente a pagamento. Per una persona con del tempo libero a disposizione potrebbe essere una proposta molto interessante, e in questo modo si potrebbe anche dare lavoro a un numero maggiore di insegnanti. Tutto ciò avverrebbe senza spese aggiuntive, perché la struttura scolastica è la stessa ma sarebbe utilizzata anche il pomeriggio e la sera anziché solo al mattino, e così si aumenterebbe l’efficienza della macchina pubblica riducendo le tasse.
(Pietro Vernizzi)