«Perché in Italia ci sia una crescita tale da rilanciare l’occupazione non bastano le circostanze esterne più favorevoli, ma occorre un cambiamento radicale nella politica economica del governo». Lo afferma il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, a proposito dei dati incoraggianti sulla nostra economia diffusi negli ultimi dieci giorni da parte di Banca d’Italia, Confindustria e Istat. Dati confermati ieri dall’indice Pmi Italia sulla nostra manifattura, che tra dicembre e gennaio è cresciuto da 48,4 a 49,9 punti, superando le attese pari a 48,8 punti. In crescita anche la media dell’Eurozona, che passa da 50,6 a 51, mentre calano sia la Germania (da 51 a 50,9), sia la Francia (da 49,5 a 49,2).



Professor Forte, il 2015 sarà un anno di ripresa per il nostro Paese?

La ripresa è in atto per effetto degli interventi della Bce e del ribasso del prezzo del petrolio. Le misure monetarie espansive, insieme all’indebolimento dell’euro, si traducono in fattore positivo in quanto controbilanciano la tendenza alla deflazione. Il Quantitative easing riduce inoltre l’indebitamento delle banche che possiedono dei titoli del debito pubblico, e quindi rende disponibili i mezzi per nuovi finanziamenti a costi ridotti. L’investimento a lungo termine ridiventa quindi conveniente.



Quali altri fattori influenzano la ripresa?

All’origine di questi fenomeni positivi c’è un rimbalzo di crescita favorito anche dal fatto che in questo periodo, dopo una congiuntura negativa, ricominciano i rinnovi dei macchinari nelle aziende. In parte per un rimbalzo ciclico naturale, e soprattutto per i fattori che ho citato prima, a livello europeo e anche italiano si registra la crescita.

Nell’attuale congiuntura economica vede solo elementi positivi?

Purtroppo non è così. Il rapporto deficit/Pil dell’Italia nel terzo trimestre 2014 ha raggiunto il 3,5%. Il tutto con un basso volume d’investimenti e un’elevata spesa corrente, nonché con una riduzione delle tasse per i bassi redditi a fini elettorali. Tutto ciò crea complicazioni sul fronte del bilancio pubblico.



Che cosa dovrebbe fare il nostro governo per favorire la crescita?

Renzi si trova al bivio. Da un lato, può scegliere di adottare una politica efficace di riforme. Dall’altro, quest’ultima è resa molto difficile dal fatto che finora non è riuscito a convincere Pd, Parlamento e sindacati ad accettare le politiche economiche che sarebbero necessarie per il Paese.

L’elezione del nuovo capo dello Stato avrà conseguenze anche sulla nostra politica economica?

L’elezione del presidente della Repubblica con l’appoggio della sinistra è stata un’operazione tutto sommato semplice. È molto più complesso rimuovere le incrostazioni nella “cultura politica” del Pd che riguardano pubblico impiego, municipalizzate, dipendenti dei trasporti locali che lavorano la metà de loro orario effettivo.

E quindi?

Renzi si ritrova con un debito nei confronti della sinistra Pd, che non è però propensa ad accettare le riforme economiche di cui ci sarebbe bisogno. Se il Parlamento non farà le riforme, noi avremo una crescita inferiore alle nostre potenzialità e alla media dell’Eurozona e della stessa Spagna. Renzi si vanterà della crescita in atto, ma quest’ultima sarà troppo bassa per generare occupazione.

 

Secondo l’Istat, però, l’occupazione sta crescendo. Come valuta questo dato?

A volte mi domando se in Italia siamo tornati ai livelli della propaganda fascista. I dati Istat dimostrano semplicemente che negli ultimi mesi c’è stato un rimbalzo dell’occupazione, ma su base annua il dato è rimasto sostanzialmente invariato. La disoccupazione non si è ridotta in termini apprezzabili, l’unico vantaggio che abbiamo avuto è che non è aumentata. Il regime vessatorio che vige in Italia a livello fiscale, contributivo, sindacale e assicurativo non ha fatto altro che far aumentare il lavoro nero. Metà degli anziani in pensione certamente lavora, ma siccome per un’aberrante invenzione dell’Inps devono pagare i contributi, la conseguenza è che sono tutti in nero. Il dato di fatto comunque è che con una crescita dell’1,5% l’occupazione migliora ma soltanto di poco.

 

Insomma occorre una crescita più veloce?

Sì. A prescindere dal fatto che Renzi dovrebbe appartenere a una sinistra cattolica, ma i suoi consulenti in campo economico sono i più anti-cattolici che esistano, il punto è che l’occupazione si crea se c’è una crescita sostenuta. Se Renzi quindi fa le riforme avrà una crescita uguale o superiore a quella degli altri paesi, perché l’Italia ha una riserva molto rilevante di capacità produttive non utilizzate. Al contrario beneficeremo dell’euro debole e di una modesta ripresa, favorita anche da circostanze internazionali, ma non di un’effettiva crescita dell’occupazione. Da un punto di vista politico l’unica speranza che le riforme si facciano davvero è legato all’influenza di Scelta civica, Ncd e Forza Italia nei confronti del governo.

 

(Pietro Vernizzi)