Tutti dicono che per accelerare la ripresa ci vogliono più investimenti. I dati correnti mostrano che in Italia ancora non ce ne sono a sufficienza e che siamo molto lontani dal livello di investimenti sia pubblici che privati di 7 anni fa. Sarebbe urgente, quindi, passare dal dire al fare. Il primo attore che dovrebbe fare di più è lo Stato, ampliando e accelerando i progetti di nuove infrastrutture e altri tipi di lavori pubblici finanziandoli con denaro fiscale. Questa leva è la più importante per gli effetti immediati di stimolo all’economia, considerando che la costruzione di nuove infrastrutture muove un indotto enorme, proprio in uno dei settori più colpiti dalla crisi. Ma il governo non la sta attivando a sufficienza pur potendolo fare. Ha preferito assumere decine di migliaia di dipendenti pubblici di dubbia utilità, probabilmente per motivi elettorali, e non taglia la spesa inutile per lasciare spazio di bilancio, sottoposto al requisito del pareggio, a investimenti pubblici più produttivi.



Altro capitolo: Banca d’Italia avverte che, pur migliorando, il credito alle piccole imprese è ancora insufficiente per permettere a quelle più sane di espandersi. Il programma di prestiti Bce condizionati all’erogazione di credito (Tltro) risolverà solo in parte il problema. L’altra parte della soluzione riguarda la liberazione del sistema bancario italiano dal peso di crediti deteriorati per circa 350 miliardi che impegna molto capitale degli istituti per la copertura del rischio di insolvenza. Se le banche avessero il permesso, come succede nel resto dell’Europa, di dedurre annualmente tutte le perdite sui crediti nella loro dichiarazione fiscale, allora tale problema sarebbe risolto più rapidamente. Ma lo Stato le costringe a dedurre la perdita spalmandola in 5 anni, cosa che ritarda il risanamento. E lo fa per non perdere gettito fiscale. Se tagliasse più spesa inutile e permettesse alle banche di bilanciare le perdite pagando meno tasse, allora molti più soldi sarebbero disponibili per credito e investimenti.



Novità chiave: migliaia di imprese famigliari di medie dimensioni sono disposte a fondersi per ingrandirsi e/o quotarsi in Borsa per raccogliere capitale di sviluppo non a debito. Ma il governo penalizza fiscalmente chi investe in azioni, non incentiva le fusioni, né propone norme per facilitarle.

Il punto: gli investimenti mancano perché il governo non rialloca meglio la spesa pubblica, non taglia quella inutile e non legifera a favore del rafforzamento dell’industria. Gli investimenti ci saranno se il governo cambierà questa impostazione.

 

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