L’indice Pmi della zona euro migliora e supera le attese nei dati preliminari di marzo. Per quanto riguarda la manifattura, si registra quota 51,9, al di sopra delle previsioni (51,5) e dell’ultimo dato rilevato (51). Dato in crescita anche nei servizi (54,3), al di sopra dei 53,7 punti della scorsa rilevazione e del 53,9 delle stime Bloomberg. Ricordiamo che oltre quota 50 si registra l’espansione economica. A trainare l’Eurozona è ancora una volta la Germania, mentre dalla Francia arrivano segnali di debolezza. Ne abbiamo parlato con Nicola Rossi, economista ed ex parlamentare prima del Pd e poi del gruppo misto.
I dati dell’indice Pmi, positivi per l’Eurozona, si rifletteranno anche sull’Italia?
Certamente quelli dell’indice Pmi sono segnali positivi per l’Eurozona. Se quest’ultima riprende a crescere, sia pure con fatica, i riflessi positivi si avranno anche sull’economia italiana. Non basta però che l’Italia cresca al traino del resto dell’Eurozona, il vero punto è superare il problema che abbiamo da 30 anni a questa parte: un’Italia che cresce regolarmente anno dopo anno tra i 5 e i 7 decimi di punto in meno rispetto ai partner europei. Da questo punto di vista non c’è nulla allo stato attuale che ci faccia pensare che abbiamo superato quel problema. Anzi, tutte le proiezioni di cui disponiamo per il 2015/2016 continuano a segnalare un’Italia che cresce consistentemente meno della media dei partner europei.
Quale livello di crescita del Pil italiano si deve realizzare perché il Quantitative easing della Bce produca effetti soddisfacenti, e quale sarà invece la crescita reale?
Le previsioni sono tra lo 0,6 e lo 0,8%. Si sottovaluta però il fatto che la politica di Quantitative easing ha effetti molto differenziati a seconda del Paese cui si applica. Nel caso italiano abbiamo ancora un problema molto rilevante per quanto riguarda il sistema bancario, la cui “digestione” dei problemi è molto lenta. Non bisogna quindi escludere che nel caso italiano le politiche della Bce abbiano effetti di entità più limitata rispetto ad altri Paesi. In questo caso verrebbe confermato che i nostri ritardi strutturali si traducono regolarmente in un tasso di crescita significativamente più basso rispetto ai nostri partner europei.
Alla luce di questa situazione, che cosa dovrebbe fare il governo Renzi?
Il governo Renzi non ha un’idea precisa di politica economica. La sua unica idea sono stati gli 80 euro, che si è rivelata una scelta sbagliata per quando è stata fatta e per le modalità di attuazione. Oggi non vedo nulla di particolare, ma soprattutto abbiamo un problema serissimo.
Quale?
La cosa più rilevante che doveva essere fatta da un anno a questa parte era il processo di revisione della spesa. Siamo in enorme ritardo perché le spending review poi hanno bisogno di molto tempo per entrare in circolo, e purtroppo abbiamo buttato un anno. Se anche cominciassimo domani non ne vedremmo gli effetti prima del 2016, e a quel punto il Quantitative easing della Bce sarà quasi esaurito.
Quali sono le riforme più urgenti nel nostro Paese?
Le riforme più urgenti sono quelle che servono a rimuovere le cause del nostro ritardo rispetto alla media europea. Anche da questo punto di vista ciò che si sta facendo è lontano dalle reali esigenze. Il Jobs Act è una buona cosa, ma non è affatto determinante. Sarebbe infinitamente più importante un significativo intervento di riforma della Pubblica amministrazione, che è sinonimo di revisione della spesa. Il debito crescente ha caratterizzato l’azione dei governi degli ultimi 20 anni che dal punto di vista della Pubblica amministrazione hanno prodotto risultati pressoché nulli.
La revisione della spesa andava fatta seguendo il dossier Cottarelli?
Quello della revisione della spesa è un processo lungo che ha bisogno di essere perseguito con grande determinazione, sapendo che non dà risultati immediati. Al di là delle singole persone, è stato un errore pensare di dovere ricominciare da capo. Bisognava rendere il lavoro molto buono fatto dal commissario Cottarelli, e dove ciò era possibile attuarlo già nel 2014.
(Pietro Vernizzi)