La ripresa è evidente, ma è trainata da fattori esterni e da condizioni particolari e non da un forte impulso interno: basso prezzo del petrolio ed effetti dello stimolo monetario della Bce sulla competitività del cambio, che esalta l’export, sul credito e, soprattutto, sull’affidabilità del megadebito italiano di fatto “protetto” dalla Bce stessa. È opinione di molti analisti che senza queste condizioni esterne e d’eccezione l’Italia sarebbe ancora in leggera recessione, con la speranza di invertirla solo a fine anno, perché la politica economica e fiscale del governo, pur avendo preso una direzione espansiva, non mostra ancora la capacità di far girare più veloce il volano di crescita rimuovendone i freni fiscali.
Appare improbabile, infatti, che questo governo molto condizionato dalla sinistra, sfidato da quella radicale, e a ridosso di importanti elezioni attui, rapidamente tagli di spesa e tasse nella quantità utile ad aumentare consumi e investimenti. Pertanto è doveroso segnalare che nel 2015 la ripresa resterà dipendente in massima parte dal traino esterno e monetario.
Rimarrà stabile? La scorsa settimana c’è stato un brivido causato dall’ipotesi che l’Iran, via i gruppi sciiti che sostiene nello Yemen e nel contesto della guerra per procura tra Iran sciita e Arabia sunnita, possa controllare lo stretto di Bab el Mandeb, dominando già quello di Hormuz, ambedue punti strategici nelle rotte del petrolio. Per qualche ora il mercato ne ha rialzato a picco il prezzo perché il blocco delle rotte potrebbe invertire l’attuale situazione di eccesso di offerta sulla domanda. Poi lo ha riallineato perché non è credibile che l’Iran in trattativa con l’America compia gesti aggressivi. Ma proprio per questo i sauditi potrebbero farli, accendendo un rischio crescente di instabilità.
Altri brividi sono venuti dalla notizia che Francia e Germania stanno valutando una revisione dei trattati europei allo scopo di evitare l’uscita della Grecia dall’Ue nel caso non potesse restare nell’euro. Ulteriori brividi sono venuti dalla probabile insolvenza (parziale) del debito ucraino, da segni di instabilità politica e implosione economica a Mosca, ecc., che indicano la persistenza del rischio di instabilità a Est e del relativo contagio a Ovest.
Al momento il mercato finanziario valuta che tali rischi siano di peso frenante inferiore allo stimolo accelerante fornito dalla megaliquidità generata dalla Bce. Ma è evidente che per far continuare questo ottimismo ci vorrà più capacità stabilizzante delle politiche estere americana e degli europei.