Marzo caratterizzato da un aumento della fiducia sia per quanto riguarda i consumatori che le imprese. Lo rileva l’Istat, secondo cui la fiducia dei consumatori sale da quota 107,7 di febbraio a 110,9 di marzo. Un vero e proprio balzo in avanti per quanto riguarda le imprese, che passano da 97,5 di febbraio a 103 di marzo, registrando il picco massimo dal luglio 2008. Un miglioramento che riguarda tutti i settori, dal commercio al dettaglio alla manifattura, dalle costruzioni ai servizi di mercato. Intanto, però, il Pil italiano stenta a decollare: secondo le ultime stime ufficiali del governo nel 2015 crescerà del +0,6%, secondo il ministro Boschi il dato sarà rivisto al +0,7%, mentre Confcommercio prevede un +1,1%. Ne abbiamo parlato con il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.
Il ministro Boschi ha detto che il Pil italiano nel 2015 sarà del +0,7%. Perché la fiducia dei consumatori stenta a tradursi in un aumento del Pil?
Da parte del governo c’è un atteggiamento di prudenza che valuto in modo positivo. Ci sarà probabilmente una correzione nel Def 2015, con un incremento molto moderato della stima. È sempre meglio correggere al rialzo che al ribasso, anche se ritengo che il dato più probabile sia il +1,1% previsto da Confcommercio.
Intanto però la Spagna nello stesso periodo crescerà del 2,8%. Perché il nostro Paese sconta questo ritardo?
La Spagna ha una crescita forte, ma un deficit che per quanto in linea con gli accordi europei ancora nel 2014 ha chiuso al 5,7% del Pil. Madrid non sta facendo e non ha fatto una restrizione del bilancio pubblico analoga a quella italiana. La Spagna ha inoltre una struttura del Pil abbastanza diversa dalla nostra, in cui le costruzioni pur colpite continuano ad avere un peso rilevante, e in cui la diminuzione dell’import migliora il Pil in modo consistente.
Che cosa ne pensa in particolare dei dati Istat sulla fiducia di imprese e consumatori?
Leggendo i dati Istat, emerge una tendenza univoca in tutte le sue componenti. Abbiamo un incremento molto consistente del clima di fiducia delle imprese e dei consumatori, con un’impennata dall’inizio 2015 che trova rari riscontri se non in alcune fasi precedenti in cui si stava uscendo da una depressione profonda. C’è un’aspettativa abbastanza diffusa da parte dei consumatori che il clima economico stia migliorando sensibilmente, e questo è un fattore decisivo.
Per quale motivo?
La ripresa non è dettata soltanto da un insieme di fattori internazionali favorevoli, ma anche dall’atteggiamento dei consumatori. Il problema dell’Italia non è stato relativo alla domanda estera, ma a quella interna. Se quindi i consumatori cambiano l’impostazione passando da un cupo pessimismo a un cauto ottimismo, che poi diventa sempre più significativo, abbiamo certamente un vantaggio in termini di impatto sugli operatori economici.
Le costruzioni passano da 108,5 a 116. È un dato significativo?
Se si va a vedere l’indice di fiducia delle imprese, tutti i settori sono in aumento comprese le costruzioni che da molti trimestri erano in una situazione “vegetativa”. Quest’ultimo quindi è un dato molto significativo, ma non è l’unico per il quale ci possiamo rallegrare. Il settore manifatturiero aumenta dal 100,5 al 103,7, mentre nei servizi per le imprese e il mercato e nel commercio al dettaglio c’è stato un vero e proprio boom. Se si pensa che a novembre l’indice del commercio al dettaglio era 95 e a marzo è salito a 103, c’è stato un cambiamento fortissimo.
Che cosa la colpisce di più?
Il dato più interessante è che la ventata di ottimismo non tocca solo la grande distribuzione, ma per la prima volta dopo anni di depressione acuta coinvolge anche la distribuzione tradizionale e i piccoli negozi, il cui clima di fiducia sale da 96,4 di novembre a 106,7 di marzo. È forse la prima volta negli ultimi anni che si verifica simultaneamente un quadro nel quale le famiglie e gli operatori economici in tutte le varie tipologie di settori presentano un atteggiamento così positivo. Bisogna certamente approfittare della situazione, che non è determinata soltanto da fattori internazionali favorevoli, ma da atteggiamenti degli operatori e delle famiglie. A ciò si aggiunge il dato molto interessante relativo alle attese occupazionali che stanno volgendo in positivo.
(Pietro Vernizzi)