Una cosmesi a “chilometro zero” esiste e il suo sviluppo è nelle mani di alcune realtà dedite alla lavorazione di fiori, erbe officinali ed estratti naturali. Si tratta di imprese che, nel corso degli ultimi anni, hanno sperimentato ricette di bellezza uniche nel loro genere, facendosi spazio in un settore ancora appannaggio delle grandi multinazionali. La differenza con i cosmetici di largo consumo risiede nella capacità di trasformare, in modo innovativo, alcune preziose risorse naturali.



I metodi sono quelli di una volta: seguendo le tradizioni delle antiche arti curative, questi laboratori sfruttano le proprietà delle materie prime in assenza di pesticidi, fertilizzanti chimici, derivati del petrolio e parabeni. La cura degli ingredienti costituisce una costante del processo produttivo, sin dalla sua prima fase. “I nostri oli essenziali (timo, menta, salvia, rosmarino, lavanda) e gli estratti sotto forma di ‘macerati’ (arnica, achillea, piantaggine, iperico, malva, calendola, camomilla) provengono da piante concimate in modo naturale – spiega Davide Favre di Alpi Flora (Aosta) -. Inoltre nella lavorazione delle nostre erbe, essiccate in ambienti non soleggiati oppure distillate ancora fresche in corrente di vapore, escludiamo l’uso di oli minerali, paraffine, profumazioni e colorazioni artificiali”.



Un approccio biologico che, di fatto, estromette “ingredienti” dannosi per l’organismo. Il nostro corpo assorbe circa il 60% di ciò che spalmiamo sulla pelle. Dermatiti, orticarie, allergie, alterazioni della pigmentazione sono alcuni dei rischi connessi all’azione di molti componenti chimici catalogati dall’INCI (International nomenclature cosmetic ingredients), la lista internazionale promossa nell’Ue per identificare le sostanze presenti nei cosmetici. Questa nuova tendenza green, in grado di tutelare la salute da agenti inutili e pericolosi, si è rivelata anche eco-compatibile. La produzione, oltre a escludere la sperimentazione animale, rispetta infatti gli equilibri naturali e la biodiversità. Basti pensare alla produzione in Italia delle creme a base di stella alpina: negli ultimi anni, molte aziende del settore sono state capaci di valorizzare, nel pieno rispetto della normativa, un fiore di montagna protetto e dalle indiscusse proprietà antiossidanti.



Nel comparto c’è anche chi, grazie alla collaborazione di cosmetologi specializzati in fitocosmesi e alle più moderne biotecnologie, ha sviluppato prodotti viso e corpo con la collaborazione dell’università. Una scelta che ha permesso ad alcune imprese di ricavarsi uno spazio significativo sul mercato con una linea certificata alternativa ai più noti brand commerciali.

“I nostri cosmetici, come le creme anti aging, sono testati dal dipartimento di Scienze fisiologiche e farmacologiche dell’Ateneo di Pavia – racconta Beatrice Brunelli, sales e marketing manager di Mascia Brunelli (Milano) -. Gli studi clinici confermano la loro efficacia, tollerabilità e sicurezza. Il nostro impegno va nella direzione di un rigoroso sistema di controllo in tutte le fasi della produzione”. Un metodo concepito per elevare ulteriormente la qualità, garantendo la progettazione e la distribuzione di cosmetici conformi a precisi requisiti normativi. Le norme europee, che mirano a rendere tracciabile la filiera, hanno, del resto, indirizzato il settore verso “buone pratiche di fabbricazione” (regolamento 1223/2009). Insomma, c’è un modo di produrre (ed è questo il caso) capace di rispettare la natura e l’uomo. Un modo che si distingue da chi, in nome del profitto, altera i prodotti a danno delle persone, considerate “oggetto” del consumo. Anche questo aspetto dimostra la differenza tra produzione artigianale e non.

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