Nonostante una situazione occupazionale giovanile piuttosto critica, l’Italia con le sue start up gioca una parte importante del proprio futuro. A ribadirlo è stato recentemente anche il Presidente del Fondo italiano d’investimento, Innocenzo Cipolletta, che ha annunciato la nascita di un fondo di 50 milioni di euro (estendibile a 150 milioni) da investire nel mercato del venture capital. Il termine “start up” è ormai di uso comune, ciò ci dice che la realtà delle start up è importante. Ma quante sono e cosa fanno le start up d’Italia?



Secondo gli ultimi dati forniti dal ministero dello Sviluppo economico, nel Paese sono registrate quasi 3.460 start up innovative e, mediamente, ogni mese se ne iscrivono un centinaio nei registri camerali. Questo vuol dire che nel 2016, se si conferma questo trend di crescita, in Italia ne avremo oltre 7.200.

Si trovano in maggioranza al Nord Italia, Milano è la provincia che ne accoglie di più: 466 (circa il 15% del totale). Segue Roma con 265, Torino con 171 e Trento e Napoli con rispettivamente 96 e 95 start up innovative. A livello regionale, la Lombardia ospita il maggior numero di start up: 696, pari al 21,9% del totale. L’Emilia è al secondo posto con 360 imprese (11,3%), davanti a Lazio 303 (9,5%), Veneto 247 (7,8%) e Piemonte 229 (7,2%).



Sono considerate microimprese e il loro capitale sociale, complessivamente, è di 153 milioni di euro, ovvero circa 48 mila euro a impresa. Facendo riferimento ai dati di fine dicembre 2014, le start up con una compagine societaria a prevalenza giovanile (under 35) sono 827, circa un quarto del totale, mentre quelle con dipendenti sono 989 e impiegano complessivamente 2.607 persone (in media 2,6 dipendenti per impresa). Esse operano soprattutto nei settori della consulenza informatica e produzione di software (circa il 40% del totale), ricerca scientifica e sviluppo (il 17%) e industria (il 16%).



Durante i primi esercizi di operatività queste microimprese devono fare i conti quasi inevitabilmente con risultati economici in perdita a causa del peso che il debito presenta nella fase iniziale dell’attività. Nel 2013, le start up che registrano un bilancio negativo sono il 57,9% del totale; tuttavia questa esposizione, almeno per i primi 2-3 anni di attività, è fisiologica. Tra le note positive, il Mise riporta anche che, tra le imprese in utile (il 42,1%), le start up generano più valore aggiunto delle società di capitali (32 centesimi contro 22).

Per attrarre investimenti le start up impiegano diversi strumenti e, tra questi, uno dei più innovativi è sicuramente l’equity crowdfounding. A oggi sono 11 i portali web iscritti nel registro Consob che svolgono questa attività di ricerca fondi e il capitale di rischio totale raccolto ammonta a poco più di un milione di euro. Un ulteriore strumento agevolativo sul quale si inizia ad avere qualche riscontro è l’incentivo “Smart&Start Italia”, grazie al quale hanno beneficiato 368 domande (per 63,5 milioni di euro di finanziamenti deliberati) delle quali il 6% relativo a start up innovative.

Nonostante uno scenario economico complesso e segmentato, la realtà delle start up ci dice che nel nostro Paese esistono bacini di innovazione che non devono essere ignorati. L’economia italiana – storicamente – fatica infatti ad accogliere cultura innovativa, ma oggi non può più permettersi di farne a meno. Ciò rischia di tagliarci fuori dal mercato globale. 

Abbiamo bisogno di invertire la tendenza dei giovani ai margini del mercato e di includerli sempre di più, valorizzando le loro idee innovative, a maggior ragione se si tratta di idee strutturate in start up d’impresa. Sono proprio i giovani i veri portatori di innovazione e i nostri principali competitors lo sanno molto bene, visto che danno sempre più spazio anche ai nostri “cervelli in fuga” (si ricordi che, solo nel 2013, ben 19.000 laureati hanno lasciato l’Italia).

Un piano strategico strutturato capace di accogliere e valorizzare le esigenze e i progetti dei giovani può aiutare l’Italia a essere più aggressiva sul mercato globale.

 

In collaborazione con www.think-in.it