I dati più recenti confermano che la ripresa è in atto. Ma anche che è poca e “lenta”, con un fenomeno preoccupante enfatizzato dallo statistico Luca Ricolfi, su Il Sole 24 Ore di domenica: al miglioramento dell’economia, dagli ultimi mesi del 2014 a oggi, corrisponde un calo degli occupati. E la tendenza sembra proseguire. Da questo collega prendo a prestito un’immagine efficace: come se le vele alzate dall’Italia per intercettare i venti espansivi soffiati dalla Bce e dal calo dei prezzi dell’energia fossero piene di buchi e, aggiungo io, lo scafo pieno di falle.
Questa metafora nautica vuole indicare che il sistema economico italiano non solo è stato molto più danneggiato dalla crisi recessiva di quanto si pensi comunemente, ma anche che il modello economico nazionale è strutturalmente inefficiente. Dai primi anni ‘90, infatti, l’Italia cresce metà della media europea e un quarto di quella statunitense. Ciò fa sospettare che falle e buchi siano molto datati, che nessuno li abbia mai riparati e che per questo l’Italia soffra di più nei cicli recessivi e sia più lenta nella ripresa, tendenza visibile nei dati degli ultimi 20 anni.
Quali buchi e falle? Lo si vede nelle statistiche internazionali comparate: tra i primi al mondo per volume del debito e per pesi fiscali, nonché in fondo alle classifiche globali per tutti quei fattori che riguardano l’efficienza del sistema amministrativo, fiscale, normativo, giudiziario e politico. In sintesi, da questo tipo di analisi emerge un’Italia compressa da uno Stato con apparati sproporzionati, inefficiente e rapace.
Padoan continua a dichiarare che le riforme in cantiere daranno più impulso alla ripresa. Ma poi nei documenti ufficiali firma prospettive di crescita minime e perfino che resteranno 3 milioni di disoccupati per anni. Evidentemente si rende conto che la riparazione dello Stato sarà lunga e lenta a partire dalle condizioni disastrose odierne. Infatti, trovo inutile chiedere alla politica di accelerare la ripresa: non potrà farlo.
Dobbiamo arrenderci? No. Come l’Economist scrive fin dagli anni ‘70, l’Italia è capace di creare ricchezza e soluzioni “nonostante” Stato e politica inadeguati. Infatti, i dati mostrano un’elevatissima capacità media e competitività economica del sistema privato, compresse, ma non ridotte, dall’inefficienza dello Stato. Qui c’è il motore di accelerazione, in particolare più investimenti privati trainati non solo dal desiderio di fare affari, ma anche da una nuova consapevolezza, e responsabilità civica, che sarà il privato e non lo Stato a salvare la nave.