Il Pil italiano del primo trimestre 2015 cresce dello 0,3% rispetto all’ultimo trimestre 2014, superando le attese pari allo 0,2%. La variazione acquisita per il 2015, cioè il dato che si registrerebbe se i trimestri successivi si chiudessero con una variazione nulla, è pari al +0,2%. Ieri sono arrivate anche le Raccomandazioni della Commissione europea all’Italia, che si conferma tra i paesi con “squilibri macroeconomici eccessivi”, che “richiedono misure decisive e monitoraggio specifico”. Tuttavia Bruxelles non ha intenzione di aprire una procedura di infrazione a carico di Roma, anche se resta alta la guardia sulle riforme da approvare e sul “buco” aperto dalla sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni. Ne abbiamo parlato con il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.
Le previsioni del governo parlano di un +0,7% di qui a fine anno. La strada per arrivarci è ancora lunga?
Per ora mi limiterei a constatare che il dato del primo trimestre 2015 supera ogni aspettativa. La previsione di Prometeia uscita 15 giorni fa aveva abbassato la crescita da 0,2% a 0,1%, invece abbiamo avuto +0,3%. Una sorpresa anche perché il ponte di inizio anno aveva fatto sì che molte imprese tenessero chiuso per ragioni di opportunità, e quindi a gennaio la produzione industriale era andata peggio di quanto ci si potesse attendere.
Quindi che cosa è accaduto?
A marzo si è registrata una crescita molto forte della produzione industriale, che dimostra che il sistema aveva già innescato la ripresa, ma che semplicemente le statistiche non riuscivano a intercettare una tendenza univoca. Gli stessi dati “ballerini” sull’occupazione documentano una chiara dicotomia. Le imprese stanno assumendo, come emerge dai dati Inps, mentre i dati Istat che non scorporano lavoro autonomo e agricoltura stanno riflettendo le difficoltà di piccolo commercio, professionisti e artigiani.
Come valuta l’andamento della domanda interna?
Anche questo è un elemento molto interessante. Il fatto che stia addirittura crescendo di più della domanda estera netta in un momento in cui l’euro debole sta facilitando l’export, significa che è in atto una svolta nella parte della nostra economia che era più malata, e cioè la domanda interna. Dai dati trimestrali sul 2014 diffusi a marzo emerge che dal secondo trimestre e per tre trimestri consecutivi i consumi delle famiglie erano già aumentati dello 0,5% rispetto allo stesso trimestre dell’anno prima, eppure il Pil non riusciva a muoversi. La crescita del Pil nel primo trimestre 2015 è quindi un fatto veramente notevole.
Grazie a che cosa è avvenuta questa inversione di tendenza?
I numeri parlano chiaro: i consumi sono ripartiti grazie al bonus da 80 euro. Questo sarà un elemento di riflessione importante nei prossimi dibattiti. Per un anno si è detto che il bonus da 80 euro non funzionava, e adesso i dati trimestrali ci dicono che i consumi crescono dello 0,5% ogni trimestre.
Quali effetti sul Pil può avere la sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni?
Più che sul Pil, la sentenza della Corte costituzionale avrà degli effetti sui conti pubblici. Bisognerà vedere poi come il governo giostrerà il suo intervento. Il giudizio della Consulta è un imprevisto cui bisogna fare fronte, ma si troverà sicuramente una soluzione anche grazie alla ripresa e al radicale cambiamento di atteggiamento da parte della Commissione Ue verso il governo italiano. Gli stessi rapporti con Bruxelles che sta intrattenendo il ministro Padoan documentano che c’è un certo feeling che non si vedeva da tempo. Non nego comunque che le risorse che dovranno essere destinate alle pensioni avrebbero potuto essere utilizzate altrimenti.
Che cosa ne pensa invece delle Raccomandazioni della Commissione Ue all’Italia?
Sono ricette pratiche che ritroviamo già nella lettera della Bce all’Italia nel 2011, in cui si invitava il nostro Paese a spostare la tassazione dal lavoro alla componente immobiliare. Il nostro Paese si è però già mosso in questa direzione. Con il governo Monti abbiamo avuto una massiccia tassazione spostata sulla casa attraverso l’Imu. Mentre con il governo Renzi il bonus da 80 euro e il taglio della componente lavoro dell’Irap sono state il concretizzarsi di misure che si chiedevano da anni.
Con quali conseguenze?
L’Italia è già da tempo incanalata nei binari auspicati dall’Ue. Tra le raccomandazioni ce n’è anche una relativa al recupero della competitività. Personalmente ritengo che sia necessaria soprattutto nei servizi più che nell’industria, perché il nostro Paese ha il quinto surplus manifatturiero del mondo e quindi non si può certo dire che non sia competitivo.
(Pietro Vernizzi)