Negli ultimi giorni sono arrivati nuovi dati più o meno incoraggianti per l’economia italiana. Non bisogna certo farsi illusioni, lo riconosce anche Marco Fortis, Vicepresidente della Fondazione Edison: «Di questi tempi, nello scenario europeo, riprese facili non esistono nemmeno per la Germania, tanto meno per l’Italia». Tuttavia, aggiunge il professore di Economia industriale e Commercio estero, «le condizioni degli ultimi mesi danno un certo conforto sul fatto che il nostro Paese abbia compiuto una svolta significativa rispetto alle “false partenze” che si erano verificate in passato, come alla fine del 2013».



Sullo sfondo c’è però la difficile situazione greca. Anche la Bce ha riconosciuto che è un elemento che frena la ripresa…

La situazione attuale crea incertezza e instabilità, che non aiutano l’arrivo di investimenti internazionali verso tutta l’Eurozona. Dunque quella greca è un’incognita da non sottovalutare, non solo per il “rischio contagio”, ma anche per la stessa ripresa economica: basti pensare alla “falsa partenza” del 2014 vanificata dalla crisi russo-ucraina. 



Un aggravamento della crisi greca potrebbe portare a un rialzo dei rendimenti dei nostri titoli di stato, quindi a una maggior difficoltà a rispettare gli obiettivi di bilancio prefissati. Corriamo il rischio di veder aumentare le tasse, con ricadute negative sulla ripresa?

Non credo che questa sia la prospettiva. Se mai non dovessimo raggiungere i target di finanza pubblica a causa della situazione greca, credo che potremmo far pesare in Europa il fatto di aver partecipato al precedente salvataggio pur non avendo implicazioni dirette come Francia e Germania, vista l’esposizione delle loro banche verso Atene. Ritengo che quello che l’Italia ha guadagnato sulla flessibilità potrà continuare a pretenderlo nel caso in cui la gestione tedesco-francese della crisi greca si rivelasse fallimentare.



Ci sono state finora ricadute negative dalla crisi greca?

Non ci sono state conseguenze sui fattori esterni (tassi di interesse relativamente bassi, prezzo del petrolio ed euro debole) che hanno aiutato la ripresa. Sul fronte interno, ho fatto delle analisi sui dati trimestrali del Pil. 

E cosa emerge?

Un nuovo rialzo dei consumi. Le immatricolazioni di autovetture sono ripartite, così come gli investimenti in macchinari grazie alla Sabatini-bis. Ci sono quindi fattori positivi di economia reale che prescindono dalla situazione greca. In particolare, c’è una disponibilità di risorse da destinare ai consumi, che si sono scaricati su tre linee principali: tlc, auto, alberghi e ristorazione. Gli unici consumi fermi sono quelli relativi per casa e abbigliamento/calzature. Questo perché gli italiani hanno adottato nuovi modelli di spesa, che tendono a privilegiare le tlc piuttosto che l’abbigliamento. 

Questa ripresa non sembra però ancora in grado di far scendere in maniera significativa la disoccupazione…

Gli ultimi dati mostrano che i servizi sono già tornati ad avere un’occupazione superiore a quella del 2008: ci sono stati oltre 140.000 addetti in più in un anno, e ancora manca il dato di aprile, dove c’è stato un altro balzo generale. L’industria ha fatto più fatica a riassorbire occupazione. Questo perché la produzione è tornata ai livelli pre-crisi per le imprese con più di 200 addetti, mentre è sotto del 10% per quelle medie. Nelle piccole la situazione è invece difficile: è il conto della crisi, che ha spazzato via diverse Pmi. In generale, l’industria, dopo i periodi di crisi, riassorbe con grande lentezza l’occupazione, perché o si creano nuove fabbriche o l’export da solo non basta. In più c’è il settore edilizio che è stato falcidiato. In questo momento l’occupazione è guidata da servizi e industrie esportatrici; e c’è anche l’agricoltura che sta andando abbastanza bene, avendo raggiunto livelli di Pil simili alla Francia. Se poi si guardano i dati occupazionali grezzi, da marzo 2014 ogni mese c’è stata una crescita tendenziale, tranne che in due occasioni.

 

Nelle ultime settimane si è parlato di un rallentamento dei Paesi emergenti. Non la preoccupa?

Il mix dell’export extra-Ue italiano risponde alla domanda. Pur essendoci l’emorragia russa (intorno al -20%), gli Usa sono in crescita addirittura del 35%. Vanno bene le economie dinamiche dell’Asia, la Cina sta rallentando, ma continua a importare dall’Italia. Stanno andando bene i paesi dell’Europa dell’Est. L’altra vera “zavorra” dell’export, insieme alla Russia, è il Giappone, alle prese con un cambio sfavorevole. Non vedo ragioni di forte preoccupazione, se non il fatto che due grandi mercati europei come Francia e Germania non crescono molto: qui le nostre esportazioni sono un po’ ferme. Basti comunque pensare che ad aprile in Italia c’è stata una crescita dell’export del 9% in un anno, mentre per la Germania è stata del 7,7%. Nel periodo gennaio-aprile il nostro export è aumentato del 4,3%, quello tedesco del 5,1%. Insomma, abbiamo un portafoglio-mercati molto dinamico, che non ha nulla da invidiare a quello di Berlino.

 

(Lorenzo Torrisi)

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